Moebius

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domenica 27 marzo 2005

Daunbailò, di Jim Jarmusch

Jack: Aaaahhh!

Bob: What are do you doing?

J: This is... “screaming”

B: Scriming... Ai nò scriming

[Bob guarda il suo notes con tutta la sua “conoscenza” dell’inglese]


B: Scriming… Aiscrim! Ai scrim, iù scrim, i scrim... for the aiscrim!

 

Questa è la trascrizione (molto approssimativa) di uno dei surreali dialoghi che avvengono in cella fra Roberto detto Bob perché “is the same” (Roberto Benigni), Jack (John Lurie) e Zack (Tom Waits), i protagonisti di Daunbailò (Down by law nella versione originale) di Jim Jarmusch (regista che adoro: guardatevi Dead Man e Ghost Dog).

Bob è un italiano che si trova in America per imprecisati motivi. Ma sa soltanto un inglese molto maccheronico che sta scritto sul suo taccuino. Jack è un pappone che però non sa fare molto bene il suo lavoro, che neanche picchia le sue ragazze. Zack è un dj radiofonico disoccupato che  stato lasciato dalla ragazza. Che cosa li unisce? Niente, semplicemente che si ritrovano in cella nella prigione di New Orleans, Jack e Zack sono innocenti e sono stati incastrati (ma in prigione sono tutti innocenti, no?), Bob è un “bonaccione” ma lui ha davvero ucciso accidentalmente un uomo.

Questi tre personaggi intrecciano allora una amicizia di cella che li porta a tentare la fuga dal carcere alla ricerca della libertà, e ognuno ha la propria libertà da trovare.

 

È un film che si regge molto sull’interpretazione dei tre, di cui solo Benigni è un attore professionista, visto che Lurie e Waits sono musicisti affermati (e hanno curato il primo le musiche del film, e il secondo le canzoni che più che cantare recita un po’ fra l’ubriaco e lo strafatto…) che è veramente molto bella perché assolutamente poco realistica, ognuno con i propri tic, i propri gesti, il proprio sguardo.

E naturalmente la regia di Jarmusch che è, come sempre, essenziale e senza fronzoli ma bellissima. Jarmusch è uno di quei registi che fanno sempre vedere la propria mano nei loro film, con inquadrature sempre studiate, mai casuali, con un risultato anche estetico sempre molto bello. In particolare sono belli alcuni piani-sequenza con la macchina in movimento e il montaggio interno dell’inquadratura (le posizioni dei personaggi, le scenografie, le luci e tanti piccoli particolari).

Questa regia così essenziale nel senso che c’è tutto quello che deve esserci accompagnata ad una bellissima fotografia in bianco e nero (una delle più belle che abbia mai visto, veramente) aumenta il senso di straniamento di tutto il film, che si svolge a New Orleans e in Louisiana ma potrebbe essere in realtà un posto qualsiasi.

 

La storia dei tre protagonisti diventa così surreale da essere un sogno ad occhi aperti che si lascia guardare proprio per quello che è. E da un sogno sembrano uscire alcuni dialoghi con Benigni che si esprime un po’ in inglese (molto maccheronico, come sopra) e un po’ in italiano (il film l’ho visto in lingua originale, perché il DVD non aveva la traccia in italiano: meglio così devo dire) e che crea quindi delle situazioni comiche basate sul calembour, come il dialogo che ho riportato sopra.

 

Questo film del 1986 (che è ri-uscito in versione rimasterizzata un paio di anni fa) è davvero un gioiello che merita di essere visto. A me è piaciuto tantissimo, e nonostante ami già molto i film di Jarmusch mi ha comunque stupito in positivo per la grande qualità cinematografica del film e per il suo raccontare una vicenda che da un certo punto in poi ha poco di reale, ed amo da morire queste storie surreali ed oniriche.

 

 

 

 

1 commento:

  1. -Call me Bob-
    ho apprezzato anch'io daunbailo', e mi ricordo alla fine la camminata alla chaplin di benigni, che lo metteva lì, tra i comici senza tempo...
    e ancora prima Stranger Than Paradise, tu l'hai visto? totalemente alla deriva.....ricordi di un cinefilo incallito..............Buona Pasqua da un altro orizzonte !!!

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