Moebius

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martedì 27 maggio 2008

Festival delle Letterature

Se qualcuno fosse interessato, stasera al Festival delle Letterature in corso a Roma saranno presenti due dei miei scrittori preferiti, William Gibson e Joe R. Lasndale.


Chi fosse interessato può consultare il programma della manifestazione qui.

martedì 6 maggio 2008

Tre pazze settimane - 3

Ho già parlato di alcuni momenti che ricorderò con grande piacere in futuro del mio soggiorno negli Usa, soprattutto perché ho potuto condividere tali esperienze con alcuni amici. Le tre settimane trascorse in Florida, come ho già avuto modo di scrivere, sono state ricche di esperienze, difficili da raccontare in poche righe, esperienze che probabilmente riemergeranno nei ricordi col passar del tempo, quando capiterà di parlarne con le persone con le quali sono state vissute oppure quando una “madeleine” farà scattare qualcosa.



E’ difficile ordinare questi ricordi per raccontarli. Ieri ho visto una amica che non è potuta venire con noi in Florida e mentre cercavo di spiegarle cosa avevamo fatto, cosa avevamo visto, mi sono reso conto che quando si vivono certe cose in gruppo è tutto molto più forte e tutto avviene all’interno di confini che delimitano anche i ricordi. Difficile raccontare e spiegare le battute, gli scherzi, i piccoli episodi che hanno determinato la percezione di un periodo in cui sono avvenute tante cose; tutto è apparso molto più grande e potente, sensazioni positive e sensazioni negative e dolorose, di come forse sarebbe stato in un altro contesto. Ecco, forse le cose che potrò ricordare più di tutte saranno proprio le emozioni che ho provato, di gioia, di tristezza, di sicurezza ed insicurezza, che hanno valore e significato per me, e per chi mi si è ritrovato accanto in quei momenti.



Credo che chiuderò qui questi resoconti del mio viaggio in America. Avrei forse dovuto tenere un diario quotidiano per riuscire a raccontare tutto. La cosa più importante da dire è che sono tornato dagli Stati Uniti con più consapevolezze su me stesso, anche dei miei difetti, e sul rapporto che ho costruito con alcune persone, nonostante i miei errori e i miei desideri irrealizzabili.



Tornato dagli Usa bisogna iniziare a pensare a cosa combinare da qui in avanti. Mi sono preso un anno per fare questo master, per avere il tempo per uscire dalla mia indolenza, per cambiare qualcosa nella mia vita, oltre che per lo studio ed il lavoro. Ora dovrò pensare a come far andare la mia vita, spero di aver imparato qualcosa, di essere cresciuto, pur con i miei soliti difetti, con le mie solite ansie ed insicurezze, che forse potranno solo diminuire. In tutto questo devo iniziare a coltivare speranze e a far crescere qualcosa. Poi il resto potrebbe venire da solo.


3. Fine (forse...).

domenica 4 maggio 2008

Tre pazze settimane - 2

Proseguo il resoconto delle tre settimane in Florida ripartendo dalle nottate in bianco. Oltre a quella a Key West, raccontata nel post precedente, ce ne è stata un’altra a due giorni dalla partenza che vale la pena ricordare.


Lunedì scorso, dopo la consegna del portfolio finale che ha praticamente chiuso il master americano, si è deciso di passare la serata a Miami Beach per festeggiare con una bella cena e possibilmente una sana ubriacatura. In un gruppetto siamo prima andati a cena in un buon ristorante di pesce su Collins Av. (come al solito se qualcuno ha bisogno di un consiglio…) e quindi nel nostro ormai solito locale su Ocean Drive dove bere mojito. Apro una parentesi sul mojito: mi raccomando, che la menta sia fresca, il rum tanto, il ghiaccio e lo zucchero quanto basta, bisogna costruire un sottile equilibrio… Va detto però che sti mojito ve li faranno pagare cari…



Dopo cena mentre stavamo già sorseggiando i nostri enormi bicchieroni di mojito siamo stati raggiunti dagli altri, tutti decisi a scatenarsi almeno per una volta (io già avevo dato, ci tengo a sottolineare). Un po’ brilli abbiamo ascoltato un po’ di musica dal vivo e dopo abbiamo iniziato a fare casino su Ocean Drive (perfino una bella “società dei magnaccioni”). Spostandoci un po’ più in là ci siamo infilati dentro un altro locale, dove poter ballare un po’ e prendersi una birra. Alcuni di noi si sono scatenati come mai li avevo visti, effetto dell’alcol forse, mentre piano piano c’è stato chi ha iniziato ad alzare bandiera bianca e ad aspettare gli altri fuori.


Verso le tre, quando i locali da quelle parti chiudono (penso che in America abbiano delle regole molto ferree sugli orari di chiusura) e dopo essere rimasti un po’ a bivaccare ai margini della spiaggia un manipolo di stakanovisti ha deciso di restare ancora a Miami Beach (compreso chi parla) e di “spiaggiarsi” a riposare, riprendere fiato, smaltire l’alcol nella speranza di poter ripartire in direzione campus. Un consiglio: non spiaggiatevi di notte a Miami Beach. Noi abbiamo rischiato di finire arrestati.



Vabbè non esageriamo… La polizia pattuglia la spiaggia, che sarebbe chiusa da mezzanotte alle 5 della mattina, a bordo di coattissimi quad che sembrano usciti da qualche telefilm. Al terzo o quarto passaggio avevano evidentemente deciso che non potevamo stare più lì e ci hanno “gentilmente” consigliato di andar via (nonostante fosse ormai passate le 5 e la spiaggia fosse, teoricamente, aperta). In quel momento io ero a passeggiare sulla spiaggia con una mia amica, quindi ho assistito alla scena da un centinaio di metri dopo che uno dei quad aveva prima puntato su di noi illuminandoci coi fari come se fossimo sotto tiro.



Alla fine, mentre alcuni dei miei amici sono rientrati di nuovo nel bed&breakfast “The Van” dai sette comodi sedili, io e la mia amica di prima ce ne siamo rimasti in giro per Miami Beach fino alla mattina, passeggiando e chiacchierando come non eravamo quasi riusciti a fare in tre settimane (inutile dire che a quest’amica tengo un sacco: sicuramente si è trattato di uno dei momenti migliori per me durante tutto questo periodo perché finalmente ho potuto risentirla vicina).



Quindi dopo una notte in bianco, o quasi in bianco, siamo ripartiti in direzione del campus, riuscendo a sbagliare strada un po’ di volte prima di imboccare la I-95.


2. Continua...

venerdì 2 maggio 2008

Tre pazze settimane - 1

Eccomi di ritorno a Roma. Eh già, tre settimane sono volate via. Giovedì mattina ero di nuovo a casa dopo aver trascorso una esperienza strana ma bellissima che cercherò di raccontare almeno un po’.
Tre settimane in un campus universitario americano sono qualcosa di assolutamente nuovo per chi viene dalla realtà italiana. Soprattutto quando il campus è vicino Miami, con l'Oceano a poche miglia. Sono state tre settimane intense, sia per ciò che riguarda la vita universitaria sia, soprattutto, per tutto quello che può essere definito vacanza.



Certo, ci sono stati alcuni giorni di lezione, alcuni giorni di studio (anche un paio di nottate per completare il portfolio da consegnare alla fine) ma soprattutto c'è stato tanto tempo per vivere qualcosa di bello con alcuni amici con i quali nell'ultimo anno, grazie al master, ho molto legato. Con alti e bassi, ma queste sono cose che riguardano sempre e comunque me e i giri strani che il mio cervello è abituato a fare.
I primi giorni sono corsi via mentre si cercava di ambientarsi e di prendere le misure all’America, in tutti i sensi. Dopo due giorni avevamo già affittato le macchine, indispensabili per muoversi visto che il campus è sperduto in mezzo al nulla, tranne che strade e parcheggi enormi intorno ai quali sorge qualche edificio, negozi e ristoranti. I primi giorni sono stati quelli dello stupore, per le dimensioni, per le tante differenze con l’Italia, per l’emozione di aver finalmente iniziato un viaggio programmato da un anno prima.



Con i miei compagni di master, e amici, siamo partiti quindi alla scoperta prima del campus (dotato di piscina, palestra, campi da basket e un sacco di altra roba che non fa venir voglia di studiare) poi dei dintorni e di Fort Lauderdale, quindi di Miami. Un pezzo alla volta abbiamo iniziato a sentirci completamente immersi in un nuovo ambiente, un ambiente che in modo variabile ha rappresentato una parentesi importante per tutti noi, un momento ed uno spazio nelle nostre vite che ha rotto la quotidianità.
Una parentesi che è passata in modo troppo veloce e repentino ma che è stata piena e densa, posta fra la certezza di quello che avevamo lasciato a casa (studio, lavoro, famiglie, fidanzati/e per i più fortunati/e) e l’incertezza (almeno per me) di quello che verrà ora. Per questo sono state tre settimane di trasformazioni, temporanee e chissà se non definitive, che incideranno molto, non solo nei ricordi ma anche nelle amicizie, nei rapporti fra di noi, forse, per quello che riguarda me, nel modo di vedere il mondo e le altre persone. Sono state tre settimane durante le quali ho vissuto esperienze forti, soprattutto da un punto di vista emotivo, che mi hanno messo a confronto per l’ennesima volta con me stesso e con gli altri, durante le quali ho scoperto nuove sfaccettature del mio carattere e ho capito che qualcosa devo cambiare e migliorare, per me e per chi mi è stato e mi sta vicino.



Il clima della Florida è fantastico: alla fine purtroppo abbiamo fatto meno giorni di mare di quello che si poteva pensare all’inizio (fortuna che c’era la piscina del campus, frequentata quasi soltanto da noi, chissà perché), purtroppo la vacanza ogni tanto è stata interrotta da alcuni giorni di lezione e di studio. Fortunatamente in generale siamo stati bene come gruppo, abbiamo fatto un sacco di cose tutti insieme, forse a volte è mancato qualcosa quanto a spirito di iniziativa (delle gite alle quali si pensava alla fine siamo andati solo alle isole Keys, niente Orlando, niente Disneyworld) ma i tempi erano quelli che erano. Un po’ di rimpianto c’è per non essere rimasti qualche giorno in più: prima di partire chi immaginava che tre settimane sarebbero durate così poco?



Abbiamo visto le Everglades, o almeno un parco all’inizio delle paludi che ci hanno spacciato per Everglades (gita organizzata dall’università per noi…) con qualche alligatore (forse sempre lo stesso?). E poi Miami Beach: stranamente non abbiamo visitato la città vera e propria, solo l’isola di Miami Beach e il quartiere Art Déco. Però conosco bene alcuni locali dove bere mojito.
Ecco il mojito. Ci abbiamo messo alcuni giorni per bere il primo ma una volta partiti… Abbiamo trovato un posto dove facevano dei bicchieroni incredibili, se volete sapere come si chiama fatemi un fischio.


Fra le puntate a Miami Beach, la gita a Key West e altre uscite ho visto cose nuove e respirato aria diversa. E’ stato bello fare tutto questo in gruppo ed in particolare con alcuni cari amici con i quali condividere tutto questo, con le nostre parole d’ordine, le battute ricorrenti, gli scherzi e le battute. Perfino preparare dei panini con degli improponibili affettati e formaggi diventava divertente: ormai voglio mangiare sempre “taccaino” anche se il sapore non è sicuramente lo stesso. Bello andare nel “peggior bar di Caracas” vicino al campus a bere birra e a giocare a freccette e biliardo fino a tardi. Bello stare nella living room del nostro piano a chiacchierare. Bello perfino incazzarsi come so fare solo io e per motivi che vedo solo io, perché come detto sono comunque emozioni vissute fino in fondo.



Le nottate in bianco. Ci sono state due categorie: studio e baldoria. Delle prime c’è poco da parlare, fortuna che di vera nottata in bianco ne ho avuta solo una (c'è chi da invasato ne ha avute di più: non serviva, per quello che ci veniva realmente richiesto) più un’altra volta che sono andato a dormire tipo alle 3 e mezza. Quanto al divertimento e al cazzeggio da segnalare le ultime sere.



Sabato scorso gita a Key West. Bello il viaggio sulla autostrada 1, con qualcosa come un centinaio di miglia da percorre in mezzo al mare attraversando le Florida Keys, questa catena di isole che termina appunto con Key West, il punto più a sud degli Stati Uniti continentali. Key West è un’isola fantastica, belle le spiagge (noi abbiamo beccato le alghe, spero che in altri periodi non ci siano…), bella la città, buoni i dolci (vi consiglio di provare la torta Key Lime, a base di lime: ne ho assaggiate diverse versioni, tutte buone devo dire), bella la vita notturna. Completamente presi da questo posto in un gruppetto non ce la siamo sentita di tornare indietro e abbiamo deciso di tenerci la macchina più grande e passare la notte a Key West.



Fra un locale e l’altro abbiamo assaggiato un po’ di cocktail (mi spiace dover sottolineare anche di aver trovato un cattivo mojito a un certo punto…) e girovagato per la città, fra il pilone che segnala sto famoso punto più a sud (90 miles to Cuba…), la casa di Hemingway, che a Key West ha vissuto molti anni, ed i locali, ovviamente. Alla fine abbiamo trovato Sodoma e Gomorra: così abbiamo ribattezzato il posto dove con altre cinque persone abbiamo finito di ubriacarci e divertirci. All’apparenza si tratta di un irish pub: al piano terra c’è il bancone, i tavolini, un palchetto per la band che suona musica dal vivo, al secondo piano ancora un altro bancone ma è un po’ un mortorio… Se resistete e arrivate al terzo piano troverete Sodoma e Gomorra… E’ un po’ come una prova: solo alcuni riescono ad arrivare fino su e a scoprire l’assurdità di quel posto. Musica, gente che balla. Fin qui nulla di strano. Poi ti giri intorno e inizia a vedere gente che si spoglia e si mette a ballare nuda: puoi fare il nudista, bere fino a morire ma non puoi salire in piedi su una panca o scattare una foto (presumo per ragioni di privacy…). In quel posto abbiamo ballato, riso, bevuto (ormai è un leit motiv…) finché brilli non è toccato andar via. Alla fine notte in bianco cercando di dormire un po’ nel famoso bed&breakfast “The Van”, dotato di sette comodi sedili. La mattina eravamo tutti sfatti (tumefatti direbbe una mia amica) e rincoglioniti: dopo una colazione in un ristorante di quelli dove passano a riempirti la tazza del caffè, partenza per un’altra spiaggia delle Keys di cui avevamo letto su una guida, Bahia Honda: altro bel posto, ve lo consiglio. E poi alla fine in marcia verso il campus, dove siamo arrivati alle cinque del pomeriggio, completamente distrutti ma soddisfatti di quanto fatto nelle 34 ore precedenti. Con il portfolio da chiudere che ci aspettava: ma chi se ne frega, ne è valsa davvero la pena.


1. Continua...