Moebius

Moebius

domenica 27 maggio 2007

Un'altra giornata di lavoro e di noia, mi sono risollevato guardandomi (registrata) la bellissima tappa del Giro arrivata alle Tre Cime di Lavaredo, un pezzo di ciclismo d'altri tempi trasportato d'incanto nel mondo moderno.


Venerdì mi sono tolto quel peso che mi stressava e mi creava ansia: a questo punto aspetto notizie dagli Usa, ma credo di averlo sfangata con la lingua inglese. Ora non so se sia meglio: mi tocca pensare sul serio a studiare, non sono più abituato, mi manca il ritmo. Stasera intanto mi riposo, ne ho troppo bisogno.

Tu che hai studiato?

"Andiamo Dick! Fa questo salto! Lanciati!" Si riferiva alla proposta di andare con lei e cercare magari un lavoro nel dipartimento di Scienze della Comunicazione. "E' la pattumiera del mondo accademico, ma se non altro puoi fare un po' di rumore agitando il coperchio"


J. G. Ballard - Regno a venire


Ecco, a me piace fare rumore con i coperchi.

venerdì 25 maggio 2007

Oggi è giorno di festa

A tutti i cavalieri Jedi che negli ultimi tempi hanno sentito scemare in loro la Forza ricordo che oggi è lo Universal Day of the Jedi.



Che la Forza sia con voi, non lasciatevi prendere dal lato osucro! Oggi anche io dovrò ricorrere a qualche trucco jedi per superare il test di inglese, che la Forza sia con me.


ps: grazie Simo che mi hai ricordato l'importanza di questo giorno!

giovedì 24 maggio 2007

Aiuto!

Aiuto! Sto in crisi (sai che novità). Voglio starmene a casa a guardare il Giro d'Italia, invece di lavorare o studiare; voglio la mamma!


Mi sto stressando pure troppo in questo periodo e domani abbiamo il picco di stress: test scritto di inglese e colloquio telefonico con l'America per poter essere ammesso definitivamente, o meno ovviamente, alla parte statunitense del master che ho iniziato. Voglio scappare, non ci voglio andare! Me la sto facendo sotto, il mio livello di inglese è a "the cat is under the table", speriamo bene. La cosa buona sarebbe che, forse, mi tolgo un peso e posso iniziare a pensare ad altro. Il problema non è la voglia di studiare ma la sensazione che tanto non posso fare un salto triplo nell'apprendimento di una lingua in poco tempo. Sigh!

lunedì 14 maggio 2007

Quando inizia una nuova settimana si comincia a pensare quello che va fatto; con le sonorità di Ascension di Coltrane nelle orecchie butto giù gli impegni della settimana:



  • lavorare

  • studiare

  • lavorare

  • studiare inglese

  • lavorare

  • cercare di capire come si costruisce un database

  • lavorare

  • studiare inglese

  • andare a lezione di inglese

  • lavorare

  • andare a lezione del master

  • andare ancora al master

  • lavorare


Settimana impegnata direi; avrete notato che non c'è un giorno di riposo (letteralmente, visto che lavoro pure la domenica). E la cosa bella è che come al solito non mi va di fare niente! La cosa che mi preoccupa di più a questo punto è comunque il test di lingua che avrò fra meno di due settimane per poter essere ammesso alla parte americana del mio master; da una parte sento il bisogno di impegnarmi maggiormente ma da un'altra penso che non mi resta altro che sperare.


Dopo tanti mesi di ozio e di vuoto completo sotto molti aspetti, non solo a livello di impegni, ho iniziato un periodo davvero intenso, al termine del quale spero di aver fatto le scelte giuste e di trarne i frutti; ripeto nuovamente che sono molto soddisfatto del corso seguito finora, sto cercando di assorbire quanta più roba posso; poi devo dire che tutto sommato le ore di lezione volano, col resto del corso credo che formiamo un buon gruppo (anche se c'è forse una eccessiva tendenza alla chat durante la lezione...). Non ho nemmeno quasi più tempo per leggere, e per me che sono un lettore vorace, come sanno gli affezionati lettori, è quasi un cambiamento di vita e di personalità; voglio starmene tutto il giorno a leggere quello che dico io, ho un mare di libri che ho comprato ed ancora non ho aperto!


A proposito di libri: sto cercando di trattenermi dagli acquisti folli, visto che ho tanta roba arretrata come detto; ora però sono tentato dall'acquisto dell'antologia free jazz curata da Wu Ming 1, The old new thing (doppio cd più libro), diciamo una costola del lavoro che Wu Ming 1 ha fatto per il suo romanzo solista, New Thing, del quale ho parlato qui. Chi mi conosce sa che non sono un grande esperto di musica ma in questo periodo mi sto appassionando al jazz: visto che mi fido dei Wu Ming sono tentato dall'acquisto (che costa non poco però, va detto). 


Sempre a proposito di Wu Ming (questo è periodo come noterete), mi sono ricordato oggi di fare l'accesso al secondo livello del sito www.manituana.com; dell'ultimo libro, che ho amato moltissimo, mi aveva sorpreso che rispetto al solito il volume non fosse corredato di note bibliografiche e di altre informazioni per guidare il lettore; naturalmente bastava andare a vedere questo famoso secondo livello (per accedere al quale bisogna rispondere ad una domanda su uno degli episodi del romanzo): c'è tutto, le biografie dei personaggi storici realmente esistiti presenti nel libro, i riferimenti bibliografici e sitografici seguiti dagli autori per un lavoro di ricerca e scrittura durate tre anni, capitoli non inseriti nella versione definitiva del romanzo (e c'è la possibilità per i lettori che vogliono cimentarsi con la scrittura di proporre le proprie aggiunte). Sempre a proposito di Manituana, segnalo che qualche post fa, nella mia recensione al romanzo, ho messo, sbagliando, Philip Lacroix fra i personaggi storicamente esistiti: si tratta invece del frutto della fantasia dei Wu Ming, e non credo che sia un caso che si tratti del personaggio in assoluto più affascinante di tutto il libro: guerriero micidiale, che legge Rousseau e Voltaire, che parla come un filosofo ma sa uccidere come pochi, le Grand Diable.


Ok, basta così per oggi. Se trovo tempo torno a scrivere nei prossimi giorni.

mercoledì 9 maggio 2007

Un po' di narcisismo e un po' di riflessioni su Internet

Inizio questo post di oggi segnalando che Immaginaria ha ricevuto un inaspettato "riconoscimento" (lo metto tra virgolette perché sottolineo l'ironia del termine riconoscimento, cercando di evidenziare comunque che si tratta di una cosa che fa piacere sia al blog sia al suo autore). Il mio blog preferito è stato citato e linkato dai Wu Ming sull'ultimo numero di Giap, la loro newsletter, per la recensione che ho postato qualche giorno fa di Manituana. Devo dire, con molta vanità, che questa nuova visibilità mi fa davvero piacere.


Ora vengo alle cose serie. Intanto vi invito a leggere questo post pubblicato qualche giorno fa da Vittorio Zambardino sul suo blog. Zambardino spiega molto chiaramente come il tentativo di Microsoft di acquistare Yahoo! in funzione anti-Google faccia parte di una tendenza complessiva che stanno vivendo il web e più in generale i vecchi media; il Web è un medium giovanissimo ed i grandi gruppi cercano di conquistare posizioni di mercato che integrino sempre più la rete, i contenuti ed i servizi (e questo riguarda anche i vecchi media, che cercano di non farsi soffiare il loro mercato dai new: si veda il tentativo di Murdoch di papparsi il gruppo che controlla il Wall Street Journal, prima che ci pensi qualche colosso del Web).


A questo si aggiungono alcune riflessioni che prendo in tutto o in parte da un libro che consiglio a tutti di leggere per comprendere quanto questa guerra fra Microsoft e Google non riguardi solo i loro profitti ma tutti noi; il saggio in questione è Luci e ombre di Google. Futuro e passato dell'industria dei metadati, da poco pubblicato su carta ma già da qualche mese scaricabile liberamente sul sito del gruppo di ricerca autore del volume, Ippolita. Si tratta di un libro sul più potente e usato motore di ricerca al mondo ma soprattutto sull'evoluzione della cultura e dell'economia della conoscenza nel mondo contemporaneo.


Sempre più spesso quando vogliamo sapere qualcosa lo cerchiamo con Google ("Lo cerco su Google"), perché il motore di ricerca ci dà risutati affidabili, ci indirizza verso pagine che nell'ambito che stiamo cercando sonon generalmente ritenute più affidabili (in questo entra in gioco l'algoritmo di ranking che sta dietro le ricerche di Google). Solo che ci sono degli aspetti da considerare, che riassumerei in poche righe:



  • Google, con i suoi spider ed i sempre più ricchi e personalizzabili servizi che offre agli utenti, indicizza quote sempre più grandi della conoscenza sul web

  • l'algoritmo di ricerca di Google è basato sulla immagine di una assoluta oggettività dei suoi risultati, ma l'oggettività ad una analisi più approfondita si rivela molto più relativa

  • viviamo nell'era dell'economia informazionale, ogni contenuto che immettiamo in rete è potenzialmente oggetto di interesse di qualcuno, e quindi di un possibile profitto.

  • Google (ma qualsiasi altro soggetto potenzialmente in grado di contrastarne il predominio nel campo delle ricerche) condiziona a tal punto il nostro accesso alle informazioni che sta stabilendo un "dominio culturale sull'immaginario" (cito da Ippolita).


Insomma, gli autori di questo libro espongono una critica politica a Google ed al modello che sta imponendo: non si tratta di non usare Google ma di essere consapevoli che non si tratta di uno strumento neutro, a dispetto della tranquillizzante interfaccia. Controllare la rete è impossibile, gestire però l'accesso ai contenuti indicando certi percorsi e tagliandone altri però è possibile. Microsoft, Google, Yahoo!, i grandi gruppi editoriali si stanno fronteggiando per poter gestire in modo quasi monopolistico i servizi di accesso alla conoscenza, lasciandoci nell'illusione che tutto sia a nostra disposizione, come lo vogliamo noi, fornendoci servizi accattivanti sempre più mirati alle nostre esigenze.


Ovviamente io stesso uso Google, e forse anche quelli di Ippolita (altrimenti come farei a vedere le risposte alle domande di un quiz televisivo?). Vi rimando al libro per argomentazioni più approfondite e precise delle mie: la questione è solo una, prendere coscienza di quante cose ci sono dietro la semplice interrogazione ad un motore di ricerca.

domenica 6 maggio 2007

Andare a scuola sul web

Segnalo questo articolo che mi sembra davvero interessante. Su Second Life si stanno diffondendo sempre di più veri e propri corsi universitari all'interno degli ambienti virtuali sviluppati da alcune università americane; lo scenario è questo gli studenti possono quindi frequentare le lezioni con il proprio avatar, in un'aula virtuale, insieme agli studenti/avatar che seguono lo stesso corso di fronte ad un docente a sua volta in forma di avatar.


Diventano sempre più realtà le suggestioni che fino a non tanti anni fa si trovavano nei romanzi di William Gibson (in particolare su questo versante in Aidoru e American Acropolis); visto che in futuro vorrei occuparmi di e-learning, è facile fare due più due e pensare che forse quello che farò nel master che ho iniziato in realtà sarà superato entro un paio di anni e bisognerà pensare di trasferire tutte quelle competenze nell'ambiente virtuale. Questi mutamenti, che corrispondono a mutamenti di stili di vita, culturali e sociali, influenzeranno sempre più ogni aspetto della vita quotidiana, e questo senza voler essere a tutti i costi tecno-ottimisti o al contrario apocalittici perché credo che sia un dato di fatto. In fondo noi blogger già ora finiamo per trascorrere una percentuale più o meno rilevante del nostro tempo in quella sfera pubblica che ormai per definizione viene chiamata blogosfera.

venerdì 4 maggio 2007

Sentirsi come un mohawk

Come avevo accennato la scorsa settimana, ho letto l’ultimo romanzo dei Wu Ming, libro che si aggiunge alla lista di libri che provo a consigliare da questo blog.


Manituana. Cos’è o chi è Manituana? Solo il suono di questa parola affascina, fa pensare a qualcosa di magico e misterioso, ed infatti è così: una antica leggenda indiana individua in Manituana le terre che il Padrone della Vità donò agli indiani che abitavano le zone fra gli attuali Stati Uniti e Canada, terra che si frantumò nelle isole del San Lorenzo (nel romanzo Molly Brant racconta questa leggenda molto meglio ed in modo molto più suggestivo).


I Wu Ming si sono immersi nella Storia e ne sono emersi con una pietra grezza che hanno lavorato fino ad ottenere questo romanzo che non saprei definire in maniera diversa se non affascinante: un romanzo storico, certo, ma anche un romanzo di avventura, di amori, guerra, magie, fantasmi, vento, acqua, terra e fuoco.
Manituana è ambientato principalmente fra il 1775 ed il 1779, gli anni della rivoluzione americana e della nascita di una nazione, gli Usa ovvio. Di quella storia generalmente sappiamo poco, se non, semplificando al massimo, che gli “eroi” della libertà combatterono contro il giogo inglese. Ma le cose andarano veramente così? Dal loro viaggio nella Storia i Wu Ming sono tornati con qualcosa di molto più complesso, perché non fu una guerra fra i cattivi inglesi ed i buoni patrioti americani ma si trattò di una guerra civile, cruenta e sanguinosa, che si combatté anche con la guerriglia, con eccidi, con stupri etnici.


Come recita la quarta di copertina del romanzo, “una storia dalla parte sbagliata della Storia”, quella di chi ne uscì sconfitto, gli americani lealisti ed i nativi americani delle Sei Nazioni Irochesi (Mohawk, Cayuga, Oneida, Onondaga, Seneca, Tuscarora), alleati degli “inglesi”.
Definiamo ancora il contesto. In quello che era il New England, Sir William Johnson era il commissario per gli affari indiani nominato dalla corona inglese; Sir William (che assunse il nome indiano di Warraghiyagey, “Conduce grandi affari”) stabilì rapporti di rispetto reciproco con le nazioni indiane, le quali continuarono a vivere prosperando nelle loro terre e nei loro villaggi; fra coloni ed indiani c’erano relazioni di ogni genere, commerciali, culturali ed anche familiari (lo stesso Sir William sposò una donna mohawk, Molly Brant, che gli diede otto figli). Tutto questo fino alla morte del commissario, poi venne la guerra.


Manituana si rivela subito un romanzo corale, come tipico nei libri del collettivo Wu Ming, ma emergono chiaramente alcuni protagonisti, realmente esistiti, Joseph Brant Thayendanega (“Lega due bastoni”), fratello di Molly, Philip Lacroix Ronaterihonte, detto le Grand Diable per la sua aura di guerriero leggendario, la stessa Molly Brant, dai misteriosi poteri e dal grande carisma sulla sua gente.
Allo scoppio della guerra le Sei Nazioni devono scegliere con chi stare: i Mohawk garantiscono la loro fedeltà alla famiglia Johnson, le altre Nazioni sono più ondivaghe; non tutti gli indiani capiscono che non si tratta soltanto di una guerra tra bianchi ma che in ballo vi sono le proprie terre ma soprattutto la loro esistenza. Questo è un punto cruciale del romanzo e della Storia: sarebbe potuto cambiare tutto, o forse no; forse gli indiani avrebbero continuano a prosperare e vivere pacificamente con i bianchi o forse sarebbero stati comunque sterminati, ma quel che è certo che i Wu Ming hanno colto un nodo importantissimo della Storia.


La guerra prosegue va avanti, il lettore sa come andrà a finire ma i Wu Ming creano una architettura narrativa perfetta che lo incastra e non lascia andar via, nella quale ogni personaggio ha il suo ruolo, cresce, matura, diventa un capo o un guerriero, come Joseph e suo nipote Peter, trasformati da un viaggio a Londra, dove incontreranno il re per suggellare l’alleanza della loro nazione all’Inghilterra.
Il lettore viene trasportato in quell’epoca ed in quei luoghi: sente i profumi delle foreste, la voce del vento ed i rumori della terra attraverso Molly e Philip, guerriero e cacciatore solitario che scende in guerra in nome di un’antica fedeltà; scorrendo le pagine vede le battaglie, cruente, senza censure, gli uomini scalpati, il sangue che scorre a fiumi, il dolore portato da un fronte all’altro.
Ovviamente la guerra è il tema centrale, ma c’è tanto altro in questo libro, quasi un romanzo epico, e vale davvero la pena di scoprirlo.


ERRATA CORRIGE: nel post faccio riferimento ad alcuni personaggi realmente esistiti storicamente; in realtà Philip Lacroix è frutto della fantasia dei Wu Ming

mercoledì 2 maggio 2007

In mancanza di niente di importante da scrivere sto un po' tralasciando il mondo blogghereccio in questi giorni; mi sto muovendo fra mille cose da fare e nessuna fatta, pensando al master iniziato da poche settimane sognando l'America e qualcosa di più semplice. Cerco di studiare un po' di inglese e mi ripropongo di rivedere un po' le ultime due lezioni sui linguaggi web ma per il momento poco e nulla su entrambi i fronti; intanto il tempo vola fra una spulciata a qualche sito web, a qualche news aggregata dal mio Feed reader e nel tentativo di scrivere un post per lasciare una traccia di me da qualche parte prima di scomparire consumato dagli impegni, visto che fra lavoro e lezioni non avrò un giorno di riposo per un bel pezzo.