Moebius

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domenica 20 marzo 2005

Gli album di Marco Paolini

Ieri sera stavo vedendo qualche frammento della trasmissione di Fabio Fazio, Che tempo che fa, e ospite era l’attore Marco Paolini, che adoro. Era già qualche tempo che volevo scrivere qualcosa su Paolini e questa apparizione televisiva mi ha convinto a farlo. Sicuramente non renderò giustizia a questo personaggio non solo del teatro o, quando capita, della tv, ma della cultura italiana in genere.

Quei dieci minuti di conversazione con Fabio Fazio che ho visto hanno detto molto più che ore di interviste in tv a personaggi politici e esponenti dell’ “alta” cultura. Qualche chiacchiera, nello stile volutamente understatement del conduttore, sul lavoro di Paolini per parlare però del nostro paese e del nostro tempo. Una battuta su tutte, alla domanda del conduttore “c’è qualcosa che ti fa ridere?”: “Io di mio riderei ma è il mio paese che tende al tragico!”.

 


Ecco in questa frase Marco Paolini ha riassunto il suo lavoro e il suo, il nostro, paese.

Vi parlo di Paolini e del suo lavoro, perché sulla tv italiana non vanno solo in onda grandi fratelli, fattorie, mariedefilippe, milionari e qualche fiction su qualche santo. Ma c’è anche qualcosa di più, molto di più. Ed è il bello del mezzo, no? Dentro può andarci tutto, dobbiamo essere noi bravi a scegliere.

 


 

Per chi non lo conoscesse e non avesse capito di chi sto parlando, Marco Paolini è un bravissimo (e uso un  eufemismo) attore che fa teatro, e basta, come dice lui: perché dargli etichette? Però per parlarne qualche etichetta va data, e diciamo che il teatro di Marco Paolini è un teatro sociale e politico (politico nel senso etimologico di “polis”, sempre come dice l’attore stesso) che ha come scopo, se il teatro ha uno scopo, quello di raccontare qualche frammento della storia di questo paese. Paolini, se ancora non l’avete riconosciuto, è quello che qualche anno fa fece uno speciale seguitissimo (e replicato un annetto e mezzo fa) sulla tragedia del Vajont (realizzato nella valle stessa, sotto la diga del disastro). Poi è riapparso in tv (perché, ahimé, è la tv il veicolo più potente, ma lo spettacolo è stato portato in giro per l’Italia) con la vicenda di Ustica.

 


 

L’anno scorso introduceva le puntate di Report, il rotocalco di inchiesta di Rai Tre, con il racconto tipicamente “paoliniano” di eventi purtroppo il più delle volte tragici e “scandalosi”.

E ora, finalmente vengo al punto, va in onda su Rai Tre tutti i giovedì alle 23 e 30 o giù di lì con Gli album di Marco Paolini.

 

Il teatro di Paolini è un teatro spesso di denuncia, orientato sulla realtà, sull’attualità e sulla storia contemporanea. Marco Paolini racconta la storia del nostro paese (e non solo) prendendola spesso dal versante dei più poveri e dei più deboli; racconta gli umori e le sensazioni legate a certi avvenimenti; racconta le vicende di personaggi a volte reali, altre immaginari, ma che raccontano non solo l’Italia, ma anche noi stessi, sia chi certe cose le ha vissute sulla propria pelle sia chi non c’era ma che sente ancora oggi l’influenza di certi fatti e certi flussi, culturali, sociali e politici.

Gli album, in particolare, sono dedicati, ogni puntata, ad un momento storico particolare, attraverso le vicende di Nicola, personaggio fittizio ma in parte autobiografico, che vive la sua giovinezza nella provincia veneta. E fra le vicende di Nicola e la storia del nostro paese a partire dagli anni ‘70, Paolini incolla gli spettatori alle poltrone, per chi ha avuto la fortuna di assistere alla presa diretta degli spettacoli, e alle sedie, divani, letti, poltrone e quant’altro, gli spettatori tv. Perché Paolini racconta vicende serie in modo semiserio, fa immedesimare il pubblico in quello che accade, perché o le ha vissute certe cose o perché sono talmente importanti che non puoi non immedesimarti. E poi lo stile del racconto di Paolini è tale da fare immergere lo spettatore nel clima di un’epoca, facendo sentire odori e rumori di tutto quello che accade intorno a Nicola (nello specifico degli Album ma più in generale in ogni cosa che racconta Paolini), nonostante l’unica cosa presente in scena sia sempre e comunque Marco Paolini, perché è la bellezza dei testi e la capacità affabulatoria dell’attore, nel raccontare e nel dialogare (e anche giocare) con il proprio pubblico, a fare tutto, e a far riuscire questa magia.

Nella migliore tradizione del nostro teatro, Paolini mischia tragedia e umorismo, perché sono due facce della stessa medaglia, come insegnava Pirandello, e perché la sua indole e il suo temperamento sono tali che lacrime e risate possono alternarsi benissimo, e in questo gioco di ruoli riuscire a far riflettere e indignare lo spettatore per tutto quello che non va, non andava o non andrà in questo paese, e fargli provare comunque nostalgia per qualcosa che “era” e ora non è più.

 

 

11 commenti:

  1. non conoscevo paolini..cmq la prossima volta che ne sentirò parlare starò più attenta..ciao ste..contento????:))

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  2. Grande persona, grande attore, grande autore.

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  3. sera ste!!! sorry nn ero at pc before.. ti ho @!

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  4. Paolini è veramente un grande!
    (grazie per gli auguri)
    :)

    OT: ho postato...
    zak

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  5. Paolini è veramente un grande!
    (grazie per gli auguri)
    :)

    OT: ho postato...
    zak

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  6. Con me sfondi una porta aperta...
    :-)
    Ustica e Vajont... ma ricordo anche un bellissimo monologo dedicato ai piloti della Ferrari morti in gara...

    Il militante

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  7. Con me sfondi una porta aperta...
    :-)
    Ustica e Vajont... ma ricordo anche un bellissimo monologo dedicato ai piloti della Ferrari morti in gara...

    Il militante

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  8. Salve a tutti, spero di farvi cosa gradita riportando il link del sito di Paolini, con le date teatrali, etc.

    http://www.marcopaolini.it/pfiles/index.cfm

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  9. Salve a tutti, spero di farvi cosa gradita riportando il link del sito di Paolini, con le date teatrali, etc.

    http://www.marcopaolini.it/pfiles/index.cfm

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