Moebius

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mercoledì 2 marzo 2005

Effetto domino?

 
Dopo tanto tempo torno a parlare di argomenti seri. In questi giorni in seguito a quanto è accaduto in Libano, dove con delle grandi manifestazioni di piazza in seguito all’attentato che ha ucciso l’ex premier Hariri (e dietro cui si dice ci sia la Siria che da quindi anni occupa il paese con 14.000 soldati) si è dimesso il premier in carica Karami, filo-siriano, molti opinionisti un po’ in tutto il mondo hanno parlato di 89 del medio oriente (ricordando i grandi cambiamenti occorsi nell’Europa dell’est nel 1989), di grande cambiamento in atto nei paesi arabi, di una democratizzazione sempre più prossima. Insomma molti hanno ritirato fuori la teoria del domino sostenuta dai fautori della guerra in Iraq, che teorizzavano un effetto domino nei paesi del medio oriente in seguito all’instaurazione di un regime democratico a Baghdad.
 
Mi sembra che si semplifichi molto. È vero che in Iraq si sono svolte le elezioni per il primo parlamento liberamente eletto ma dove sta la democrazia? Mi sembra una cosa ancora molto lontana: fino a quando il paese non sarà completamente pacificato (ed è difficile da ipotizzare avvenga nel breve periodo, se mai avverrà: giusto due giorni fa c’è stato un sanguinoso attentato che ha ucciso quasi 130 persone) e le divisioni etniche e religiose, nonché le vecchie rivalità alimentate dallo stesso regime di Saddam (ma che affondano le loro radici molto più indietro), superate, solo allora si potrà instaurare una democrazia. Ed è evidente e sotto gli occhi di tutti come questo sia un obiettivo molto lontano, se mai sarà possibile vista l’instabilità di quel paese che è davvero una polveriera che potrebbe esplodere se non trattata con la dovuta cautela. E se la polveriera esplodesse allora sì che ci sarebbe un effetto domino, ma al contrario rispetto a quello di cui si diceva sopra.
 
Parlando della rinascita del Medio Oriente gli analisti di politica internazionale sottolineano, a partire da quanto accaduto in Libano, alcuni cambiamenti in atto, come una legislazione più favorevole alle donne in Marocco, la rinuncia alle armi di distruzione di massa della Libia, l’apertura in Egitto alla presenza di altri candidati oltre al presidente Mubarak e, soprattutto, l’instaurazione del nuovo corso palestinese con la presidenza di Mahmoud Abbas che ha fatto dei passi verso Israele.
Parlare di 89 mediorientale però non si può, secondo me, perché tante ancora le contraddizioni, perché tranne la Turchia (presa con le molle) una vera democrazia (dove la gente possa votare e scegliere chi la governa) non c’è, perché in paesi come l’Arabia Saudita l’integralismo islamico regime di stato e chi più ne ha più ne metta.
Soprattutto credo che non stiamo assistendo ad alcuna rivoluzione di velluto perché quelle trasformazioni di cui si dice sono in atto già da parecchio tempo e sono legate a fattori storici, sociali e culturali indipendenti dall’azione degli USA in Iraq. E basta che andiate in libreria e cerchiate qualche buon libro di sociologia delle relazioni internazionali o di materie contigue per vedere che sono anni che se ne parla di un cambiamento in atto, un cambiamento che è lento e sarà lento anche in futuro. La strada è difficile ma le società islamiche piano piano si stanno secolarizzando anche loro, per certi aspetti. Una buona lettura potrebbe essere Jihad del sociologo e islamista francese Gilles Kepel, libro di qualche anno fa in cui si analizza come il fondamentalismo islamico a livello di penetrazione nella società sia in regresso, a dispetto di quello che la storia degli ultimi anni farebbe pensare.
Staremo a vedere.

3 commenti:

  1. Non per cattiveria tesoro, ma questo post non mi va tanto di leggerlo: sono stanca di sentire parlare di questo argomento...
    Ti voglio bene

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  2. Non per cattiveria tesoro, ma questo post non mi va tanto di leggerlo: sono stanca di sentire parlare di questo argomento...
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  3. Non per cattiveria tesoro, ma questo post non mi va tanto di leggerlo: sono stanca di sentire parlare di questo argomento...
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