Moebius

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sabato 12 marzo 2005

Cyberpunk 2

(post scritto il 14 ottobre 2004)

 

[questo post è la seconda parte di quello pubblicato qualche giorno fa sul cyberpunk come movimento letterario. Poiché è molto lungo, e non mi andava di fare una terza puntata, l’ho diviso in due parti: leggetelo tutto, o solo la parte che vi interessa se vi va, però vi consiglio, per capire bene cosa sia il cyberpunk di andare a leggere la lunga citazione finale, in cui ho lasciato la risposta definitiva ad uno dei protagonisti]

 

I temi della letteratura cyberpunk

 

Il successo del cyberpunk nella sua fase di avanguardia ha fatto sì che ormai questo sia un genere affermato nella letteratura fantascientifica. Anche se gli autori identificabili col mirrorshades movement (William Gibson, Bruce Sterling, Lewis Shiner, Rudy Rucker, John Shirley ed altri) hanno, chi più chi meno, evoluto la loro produzione, il genere rimane importante e continua ad esercitare una grande influenza sulla fantascienza ma non solo, sulla letteratura, sul cinema e sulle più svariate forme di cultura mediatica, nonché, più in generale, sull’immaginario.

I temi trattati principalmente riguardano la descrizione di un mondo decadente nel prossimo futuro, dove si perde spesso ogni moralità, dove gli individui sono alienati dalla tecnologia e da una società in cui le disparità e i conflitti sono sempre più accesi. La tecnologia assume un ruolo simbolico importante in quanto sempre maggiore spazio è dedicato al mondo dell’immateriale costituito dall’informazione che viaggia in rete (la Matrice nei libri di Gibson e la Rete in quelli di Sterling). Elementi tipici, ma non essenziali (perché presenti soprattutto nei libri di Gibson) sono protesi fisiche artificiali e innesti per collegare il sistema nervoso alla Rete, elementi di Realtà Virtuale (o simili), la costruzione di identità sempre diverse.

Il mondo è dominato da governi corrotti e dalle grandi multinazionali, nonché dalle mafie, contro cui si ritrovano a combattere i protagonisti, hacker (i cow boy della console) ma non solo.

È difficile definire una volta per tutte di cosa parli il cyberpunk: questi elementi sono stati poi ripresi da chi ha attinto al genere per trarne regole e formule da usare in libri e film. Però non ci sono realmente regole: i temi trattati e il modo di trattarli variano e, come afferma Sterling, cyberpunk è ciò che scrivono i cyberpunk (quelli originali).

 

Genesi di un genere

 

Si è molto dibattuto su cosa sia il cyberpunk, soprattutto perché i suoi primi guru (quelli che ho citato sopra) hanno dichiarato chi, come Shiner, che il genere era morto e sepolto e chi, come Sterling, che il cyberpunk degli inizi non esiste più perché è cambiato il mondo e sono cambiati loro, che non fanno più parte della cultura underground (in quanto ricchi e famosi), e questa ammissione mi sembra la cosa più importante perché dà alle loro voci ancora più forza secondo me. Questa forza deriva poi dal fatto che con queste dichiarazioni (che sono assolutamente da condividere) segnano una rottura, agli inizi degli anni ’90, di fronte al proliferare di imitatori che dai grandi ideali contenuti nel manifesto del movimento (The New Science Fiction) hanno tratto delle formulette da ripetere e quindi libri che sono un sacco di spazzatura splatter.

Questi distingui servono per evidenziare le ragioni vere della nascita del cyberpunk, che non sono soltanto la necessità di rinnovare la fantascienza inventando qualcosa di nuovo. Il cyberpunk (come dice bene Sterling in un articolo del ’91 riportato in Italia nell’antologia Parco giochi con pena di morte) è nato nella cultura underground, è nato nella bohème, come tutte le avanguardie; una bohème moderna, ma sempre bohème. Il cyberpunk è da intendersi come il risultato di una sensibilità tutta moderna per il marcio del mondo contemporaneo; come dice Sterling, il cyberpunk non racconta di cose che non dovremmo sapere ma ha invece una cultura anti-umanistica e ci mette di fronte ad una concezione della vita in cui noi sappiamo già tutto, e i fragili esseri umani non possono farci niente semplicemente perché… le cose stanno così!

 

«La convinzione anti-umanistica del cyberpunk non è soltanto una acrobazia letteraria per scandalizzare la borghesia: è un dato obiettivo che riguarda la cultura degli anni del ventesimo secolo. Il cyberpunk non ha inventato questa situazione; ne è solamente un riflesso.

Oggi è abbastanza frequente vedere scienziati cattedratici disposti a sposare orribili idee radicali: nanotecnologia, intelligenza artificiale, sospensione crionica della morte, download dei contenuti cerebrali… La hybris si è scatenata negli atri universitari dove tutti, nessuno escluso sembrano avere un piano per rovesciare il mondo. La più severa indignazione morale si esprime con la voce più debole. […]

Viviamo già, ogni giorno, in mezzo ad azioni scandalose dalle conseguenze imprevedibili per il mondo intero. […]

Il pensiero dell’uomo, rivestendo le forme del tutto nuove della programmazione informatica, diviene qualcosa da cristallizzare, duplicare, trasformare in merce. Anche il contenuto dei nostri cervelli non è più sacro; al contrario, sta divenendo bersaglio di ricerche sempre più fruttuose, e al diavolo i dubbi di carattere ontologico e spirituale. L’idea che in queste circostanze la Natura Umana sia destinata in qualche modo a prevalere contro la Grande Macchina è semplicemente stupida; stranamente, non sembra affatto pertinente. È come se un filosofo cavia in una gabbia di laboratorio, poco prima che il suo cervello venga trapanato e innervato di fili nel nome della Grande Scienza, dovesse dichiarare con devozione che alla fine la Natura Roditrice trionferà comunque.

Tutto ciò che può essere fatto a un topo può essere fatto a un essere umano, e ai topi possiamo fare qualsiasi cosa. È difficile pensarci, ma è cosi, e non finirà soltanto perché decidiamo di coprirci gli occhi.

Questo è il cyberpunk.»

 

Bruce Sterling – Cyberpunk negli anni Novanta (in Parco giochi con pena di morte)

 

 

Ho lasciato a Sterling la risposta definitiva a cosa sia il cyberpunk, come mi sembra giusto, anche perché io non ne sarei stato capace. In base a questa definizione allora il cyberpunk è ancora vivo, anche se non più nella sua forma originaria, perché questa visione del mondo è rimasta.

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