Moebius

Moebius

mercoledì 27 dicembre 2006

Vorrei scrivere qualcosa, ma devo ringraziare il cielo che la linea telefonica funziona, dopo giorni e giorni in cui ho potuto ascoltare telefonate altrui ma non quelle che avrei voluto fare io, rispondere a telefonate non indirizzate al mio numero (a un certo punto mi sono messo a parlare con una ragazza che non riusciva a chiamare nessun altro: avrei potuto dirle che era un segno del destino...). E naturalmente non potendo connettermi ad Internet. Vabbé che tanto ero fuori per Natale, però da fastidio ugualmente.


Vabbé, non essendoci stata l'occasione, buon Natale a chi passa di qua.

venerdì 22 dicembre 2006

Un caso di coscienza

E’ di ieri la morte di Piergiorgio Welby e di un caso così difficile da interpretare, e che costringe ognuno a interrogarsi prima di tutto su ciò che vorrebbe per sé e per i propri cari e poi sui principi generali, forse sarebbe meglio non parlare, sarebbe forse meglio non prendere parte a nessuna battaglia ideologica, a nessuna crociata pro o contro.

Mi ha molto colpito il caso di Piero Welby, e senza dubbio ha colpito molti altri, perché sempre e comunque si tratta di un dramma, indipendentemente dal fatto che se ne accetti o no la conclusione. Scrivo qualche riga perché in fondo è stato Welby stesso a chiedere che se ne parlasse e che si aprisse un dibattito sul tema più grande che c’è, la vita.

Dico subito che non so nemmeno se sono pro o contro l’eutanasia, ma quello di cui sono certo è che sono per la libertà individuale di poter scegliere fino a quando sopportare la sofferenza provocata da una malattia che non lascia scampo e riduce una persona al punto in cui era giunto Welby. Sottolineo, la libertà individuale. Perché non è un argomento quello usato da molti secondo i quali c’è tanta gente che vuole continuare a vivere: nessuno obbligherà mai qualcuno a rinunciare a un trattamento terapeutico.

Il tema è troppo grande, secondo me, per approfondirlo qui: saranno molte le case in cui se ne è parlato, nelle quali si saranno anche accesi dibattiti sull’eutanasia, sull’accanimento terapeutico, sul testamento biologico. Mi limito a fare miei i pareri di Umberto Veronesi e Stefano Rodotà che si sono pronunciati per il riconoscimento del diritto del malato di scegliere se continuare o no con una terapia. In certi casi estremi, fuori dai denti, arriverei anche ad ammettere l’eutanasia (secondo me per Welby non si è trattato di eutanasia, forse passiva) ma i dubbi si accendono e proliferano.

Ieri pomeriggio ne ho discusso con mio padre e ho scoperto che è favorevole non solo allo spegnimento delle macchine per Welby e casi simili ma anche al diritto di poter morire per i malati terminali di cancro, per esempio; incredibilmente più aperto di quanto mi sarei aspettato.

Sono convinto che è bene si apra un dibattito su questi temi, per arrivare a qualche apertura: credo che la società sia molto più laica della politica italiana, che non potrà mai legiferare su questi argomenti. C’è un limite oltre il quale valgono le coscienze individuali e non i dettami della legge o della morale religiosa; un limite raggiunto il quale, credo, nessuno potrà sapere cosa potrebbe chiedere o volere per sé o per un familiare.

mercoledì 20 dicembre 2006

Siamo tutti cazzari (con ironia)

Ieri sera (quanno ce vo’ ce vo’) devo dire di aver passato una gran bella serata rilassante a mangiare e bere con altri blogger, a casa di una cara amica (e sono giusto due anni che l’ho conosciuta). Quanno ce vo’ ce vo’, bisogna dire anche che, come spesso accade in questi incontri fra blogger, si finisce sempre a parlare di blog in un modo o nell’altro. Di blogger ormai qualcuno ne ho incontrato e mi spiace aver perso qualche contatto, ma non sono l’unico ad avere periodi di distacco dal mondo dei blog e sono ormai arrivato alla conclusione che la mia dimensione blogghereccia è questa qua, scrivere quando mi va, per me e basta, senza dover avere più l’assillo delle visite, dei commenti, delle risposte ai commenti e delle visite di cortesia a chi è passato da te, in un circolo vizioso che non finisce mai.

Credo che sia molto comune avere picchi di crescita, a livello di impegno, di tempo, anche di stress, e poi veloci discese in dimensioni più ristrette e forse più consone alla propria indole. Ognuno naturalmente vive questo aspetto della sua presenza nel web in modo diverso: ci sono gli esibizionisti, i pallonari, gli intimisti, quelli seri, quelli stupidi; tutto va bene nella blogosfera, c’è spazio per tutti. A patto, e questo lo penso io, che non ci si prenda troppo sul serio, e questo l’ho detto anche ieri sera, perché in fondo nessuno qua è un vero scrittore, nessuno farà mai fumare il cervello al punto da raggiungere le più alte vette di pensiero dell’umanità.

In fondo noi blogger siamo tutti cazzari, scriviamo, credo, sempre per un po’ di narcisismo, ma ne basta un pizzico: ci si può ammalare, di blog, farlo diventare un’ossessione e allora non è più quello strumento di libertà in cui esercitarsi liberamente per parlare di politica, di sport, di spettacolo, di libri, della propria vita, o di quello che cacchio vi pare, ma un vincolo a sua volta perché, e l’ho provato pure io a suo tempo, si arriva a scrivere per un “pubblico”, per far incazzare qualcuno e scatenare qualche polemica, per far divertire qualcun altro, e così via.

Ripeto, e nessuno si offenda perché lo dico con ironia, siamo tutti cazzari. Al di là dei mille motivi per i quali chiunque può aprire un blog, il valore di queste centinaia di migliaia di pagine, miliardi di parole, rimane nel blog stesso, il vero valore è quello che vi attribuisce il suo autore.

Diversi sono i rapporti diretti che si creano fra blogger, sia quando rimangono relegati alla distanza e alla mediazione del mezzo tecnologico sia quando si concretizzano in rapporti reali: questi è giusto e sano coltivarli, perché ci si sceglie sempre bene, si spera, le persone che si vuole intorno, quelli che possano dare qualcosa intellettualmente ed emotivamente. Poi fra adulti si cerca gente stimolante, da cui imparare qualcosa o con cui discutere, litigare, conversare, eventualmente innamorarsi, lasciarsi o che altro.

Tutto sempre senza esagerare nella considerazione del proprio blog, che è comunque solo uno di svariati milioni di altri nel mondo. Se poi quello che si è scritto si espande a macchia d’olio, diventa qualcosa di più che quattro cazzate scritte in un momento di tristezza, o di gioia, o per parlare del vostro libro o film preferito, allora ben venga: il potere di questi spazi di espressione sta proprio nella magia del diffondere in modo virale un pensiero o notizia; se fra un milione di post ne esce uno utile a qualcuno, allora questi miliardi di parole sono importanti.

Faccio un esempio pratico, vedere che Google manda qualcuno sul mio blog per cercare una recensione di Bruce Sterling (è capitato giusto stanotte), o di Dick (purtroppo ho sempre scritto meno di quanto avrei voluto su Dick), o di “Straniero in terra straniera” di Heinlein, o ancora di un libro di Lansdale o di Don DeLillo, e diversi altri che ho recensito, forse ha ancora senso tenere aperto Immaginaria. E chi se ne frega dei commenti e delle visite, fregatevene del numero dei commenti e delle visite.

martedì 19 dicembre 2006

Pc troppo sensibili

Lo sapete che le macchine hanno un'anima? Il mio vecchio pc quando ha visto che che ero passato ad un nuovo e moderno laptop deve essermi caduto in depressione e ha compiuto un gesto estremo, per dimostrarmi quanto ci tenesse a me: si è suicidato! Ieri qualcosa dentro di lui è letteralmente esploso mentre era spento...

lunedì 18 dicembre 2006

Ohm... Ohm... Ohm...

E' una vita che medito, aguzzando la vista (scarsa) per vedere una piccola lanternina che indichi una direzione; che una direzione bisogna in realtà sceglierla prima, per capire quale lume seguire, lo so da tempo, però spesso si tratta di una verità che si dimentica facilmente quando iniziamo a girare in tondo fino a che la testa ci gira a sua volta e a quel punto ci si butta a terra in attesa di ritrovare l'equilibrio.
Ritrovare l'equilibrio poi non è facile, e come ho scritto tante volte in altri momenti credo che l'equilibrio sia una variabile diversa per ognuno, e un vero equilibrio non lo si trova mai, se solo ci si mette a pensare ai propri desideri (o alla loro mancanza, eventualmente) e a come realizzarli; poi, trattandosi di una variabile, può anche darsi che per alcuni sia una variabile fissa, beati loro.

In questo momento spero di poter dar seguito ad un desiderio, ad una decisione (si deve vedere se il desiderio vuole me), e mi ci vuole anche impegno (perché è da lì che vengono i dubbi, dall'incertezza di poter cominciare un tragitto di strada). Ora spero, ora, forse mi impegno, domani si vedrà.

sabato 16 dicembre 2006

PKD inedito

Mi era sfuggita questa notizia pubblicata un po' di tempo fa: la Tor Books pubblicherà negli Usa a gennaio 2007 un romanzo inedito del grande Philip K. Dick, che continua ad essere uno scrittore prolifico anche da morto!


Si tratta di Voices from the street, scritto fra il '52 e il '53, e facente parte della produzione mainstream di Dick; i romanzi realistici di PkD hanno un fascino sempre particolare, anche perché dimostrano che Dick non era uno scrittore riducibile alla sola fantascienza.



Nelle sue opere di narrativa tout court, come In questo piccolo mondo (recensito su Immaginaria) o L'uomo dai denti tutti uguali, Dick continua a raccontare storie di personaggi alle prese con i loro incubi e le loro delusioni nella vita di tutti i giorni: uomini e donne alla ricerca di una realtà soddisfacente, da perseguire con i rapporti umani, col sesso, per dimenticare le proprie depressioni e inquietudini. I libri mainstream di Dick sono per certi versi più cupi di quelli fantascientifici, nei quali a volte una qualche via d'uscita ad una realtà alienata e disperata riesce ad essere intravista.


Per restare ai romanzi di Dick, la settimana scorsa ho comprato il cofanetto della Trilogia di Valis, ripubblicata di recente. Si tratta degli ultimi tre libri scritti da Dick, che prendono spunto da una esperienza mistica che lo scrittore raccontò di avere avuto, e che lo portò ad un tale livello di distaccamento dal mondo da dover trascorrere un lungo periodo in una clinica di recupero. Valis racconta la vicenda di Horselover Fat (l'alter ego di Dick, già dal nome), che ha visto Dio nella forma di un raggio rosa proveniente dal cielo. La trilogia rappresenta l'estremo tentativo di Dick di interrogarsi sul divino. I tre libri non facili da leggere: io stesso mi fermai ai primi due anni fa, quando ero ancora un poppante. Ora che di Dick ho letto molto e forse troppo, dovrei farcela a digerire Valis, Divina invasione e La trasmigrazione di Timothy Archer. Farò sapere di più più in là.


Valis    Divina invasione    La trasmigrazione di Timothy Archer

venerdì 15 dicembre 2006

L'ultima profezia di Sterling

Leggo proprio stamattina che Bruce Sterling, di cui vi ho parlato ampiamente più di una volta come uno dei fondatori del cyberpunk e come uno dei più attenti osservatori dei cambiamenti tecnologici, sociali e culturali legati ai new media e alla Rete, ha terminato con un ultimo articolo la sua collaborazione con la rivista Wired (forse il più importante luogo di discussione sulla società della rete).


Questo ultimo pezzo si intitola non a caso My last prediction. E qual'è l'ultima predizione di Bruce Sterling? Secondo la mia fonte (il Corriere della Fantascienza, ancora non ho letto l'articolo in inglese, lo farò con calma) Sterling cerca di spiegare quale sia la linea di tendenza nelo sviluppo di Internet per i prossimi anni. Le idee più diffuse riguardano una sorta di post-Internet, in cui la rete sarà sempre più pervasiva, presente in sempre più dispositivi ma in modo trasparente, senza che le persone se ne accorgano davvero: una rete in cu agenti agenti software (penso che a questo ci si riferisca) diventino capaci di rispondere alle nostre domande in modo da farsi carico di tutta una serie di compiti che oggi sono svolti quasi manualmente.


La crescita delle reti ad alta velocità favorirà lo sviluppo di comunità collaborative, nelle quali si potrà comunicare, discutere, lavorare nell'ottica di una sempre maggiore creatività (quella che Berners Lee, il creatore del Web, ha chiamato intercreatività). Le dimensioni di reale e virtuale tenderanno a completarsi a vicenda nelle vite di tutti (ma nessuna prospettiva distopica o al contrario utopica: si parla di cose serie); basta pensare al fatto che già oggi (questo ce lo metto io) sono sempre di più le persone che hanno identità molteplici in rete, fra blog, nickname ed avatar (leggevo un articolo sulla proliferazione di avatar in Corea del Sud: ve ne sono milioni e se non si ha un avatar on line si è fuori da molti contesti, e non solo fra i giovani ma anche a livello di professionisti).


Si tratta di andare a leggere questo articolo: http://www.wired.com/wired/archive/14.12/posts.html?pg=6 

mercoledì 13 dicembre 2006

Tutti spettatori?

"Anno del Pannolone per Adulti Depend: InterLace TelEntertainment, Tp da 932/1864 Risc power-Tp con o senza consolle, Pinkj, disseminazione Dss post-Primestar, menu e icone,fax InterNet senza pixel, tri- e quad-modem con baud regolabile, griglie per la disseminazione post-Web, schermi a definizioni così alta che ti sembra di essere lì, conferenze videofoniche dai costi contenuti, Cd-Rom con Froxx interno, alta moda elettronica, consolle multiuso, nanoprocessori Yushityu in ceramica, cromatografia al laser, mediacard virtuali, impulsi a fibre ottiche, codificazione digitale applicazioni killer; nevralgia carpale, emicrania fosfenica, iperadiposi dei glutei, stress lombare.
[...] Dire che tutto questo è un male è come dire che il traffico è un male, o che le sovrattasse sulla salute o i rischi della fusione anulare sono un male: solo i freak luddisti mangiacereali direbbero che è male una cosa senza la quale non si riesce a vivere.
Ma così tanto di questo spettacolo privato fatto di schermi personalizzati e guardato dietro le tende tirate nella sognante familiarità della propria casa. Un mondo galleggiante di non spazio di visioni private.
Da qui la passione del nuovo millennio di assistere alle cose che succedono in dretta.
[...] Ecco gli Ingorghi dei Curiosi davanti agli incidenti stradali, alle esplosioni per fughe di gas, rapine, scippi, l'occasione veicolo di scarico dell'Empire con un vettore incompleto che si va a schiantare nei sobborghi della North Shore e rade al suolo intere comunità e la gente lascia aperte le porte di casa nella fretta di uscire e intrufolarsi e fermarsi a guardare il mucchio di rifiuti precipitato che attira una folla sobria e attenta, che si dispone in cerco attorno al punto di impatto e confronta con serietà le osservazioni mentali su quello che tutti loro stanno vedendo. Da qui l'apoteosi e la gerarchia sociale decisamente complicata dei musicisti di strada a Boston, i migliori dei quali vanno al lavoro con macchine tedesche.
[...] Il cameratismo e la comunione anonima di far parte di una folla di spettatori, una massa di occhi nessuno dei quali è a casa propria, tutti fuori nel mondo e tutti puntati nella stessa direzione. [...] Qualsiasi cosa attira la gente. Sono ricomparsi i venditori ambulanti. I veterani senza casa e le figure tutte storte sulle sedie a rotelle con i cartelli scritti a mano che spiegano la loro condizione. Giocolieri, freak, maghi, mimi, predicatori carismatici con microfoni portatili. [...] Cultisti con tuniche color zafferano con percussioni e volantini stampati a laser. Perfino gli euromendicanti europei vecchio stile, gente con le sopracciglia nere e i pantaloni a righe, muti e fermi. Perfino i candidati locali, gli attivisti, i consiglieri e gli aiutanti di base sono tornati in pieno con tutta la loro organizzazione a fare comizi in pubblico - la piattaforma con le bandiere, i coperchi dei cassonetti dell'immondizia, i tetti degli autoveicoli, i tendoni, tutto ciò che sia sopra le teste della gente, qualsiasi cosa che si elevi a catturare l'attenzione del pubblico: la gente si arrampica e declama e attira spettatori."


David Foster Wallace - Infinite Jest

lunedì 11 dicembre 2006

Nuovo giocattolo

Mi sono comprato un giocattolo nuovo! E' veramente un bel giocattolino e questo è il primo post che scrivo con questa nuova macchinetta. Ogni tanto vale davvero la pena di togliersi uno sfizio, anche se di un pc potevo anche farne a meno ma un notebook lo desideravo da parecchio. Visto che a Babbo Natale ho smesso di credere un po' di tempo fa (magari ho fatto male) ho dovuto pensarci da solo.

mercoledì 6 dicembre 2006

Che tempo che fa

Che aria tira in questi giorni? Me lo chiedo guardandomi intorno e cercando di sciogliere un po' di nodi che appesantiscono la mia testa, preso da uno degli abituali periodi di apatia che mi catturano come un maelstrom che ingoia navi e marinai.


Il solito circolo che ritorna e ricomincia, che non la smette con i suoi vizi senza virtù, come mi sento io, con vizi e senza virtù. Vizi di testa naturalmente, interiori, come la tendenza a bloccarmi di fronte alla necessità di scegliere, di agire, sempre teso fra l'essere e il non essere, fra il prender l'armi contro dardi e guai o dormire, morire e nulla più (i lettori più attenti noteranno che non è la prima volta che ricorro all'Amleto: mi perdoneranno la scarsa inventiva).


L'indecisione regna sovrana nella mia testa e il risultato è di star fermo, senza sapere quale direzione scegliere di fronte al bivio: quel che è peggio è che tutto ciò scatta ancora prima di arrivare al momento della scelta, quando basterebbe buttarsi e vedere da che parte si casca. Forse mi butto e basta, e vedo dove arrivo: il fatto è che a volte sarebbe meglio avere chiaro in testa dove si vuole arrivare, è quello che mi manca.

domenica 3 dicembre 2006

Sul Granma con Fidel e Guevara

Il giorno dopo che Roma è stata invasa da centinaia di migliaia di persone tutte pendenti dalle labbra di Berlusconi e di Demo Morselli, vero animatore dell'evento insieme alla sua band, a me viene voglia di scrivere qualcosa su una storia di tenore diverso che ho letto sulla Repubblica di ieri.

Come molti sapranno in questi giorni ricorre il cinquantenario della rivoluzione cubana, dello sbarco del Granma, la nave che trasportò poche decine di persone guidate da Castro e da Guevara che diedero inizio alla guerriglia. Personalmente non sono comunista, ma se devo scegliere da che parte stare, sentendomi comunque di sinistra, sto dalla parte di chi lotta per qualche ideale al fianco dei più disperati: è difficile non rimanere affascinati in qualche modo da Cuba. Ma quello di cui volevo parlarvi non è tanto la rivoluzione quanto piuttosto segnalare la storia di Gino Doné Paro, un 82enne di San Donà di Piave, giunto in questi giorni all'Avana e festeggiato come un eroe.

Gino Doné fu partigiano e dopo la guerra emigrò prima in Canada e poi a Cuba, dove conobbe un giovane Fidel Castro: da lì poi l'esilio in Messico e la preparazione della guerra contro Batista. Gino Doné, el italiano, fu tra gli 82 che sbarcarano dal Granma il 2 dicembre del 1956, lui che aveva esperienza di guerra, avendola fatta in Italia e che, racconta, insegnò a Ernesto Guevara a sparare e le tecniche della guerriglia (e c'è da credergli: il giornale ha pubblicato una foto di Gino nella boscaglia fra Castro e Che Guevara).

La storia di Gino Doné mi ha colpito soprattutto perchè inevitabilmente non sembra reale, sfocia nell'immaginario e in una dimensione quasi mitica. Mi ricorda moltissimo quella di Vitaliano Ravagli che i Wu Ming hanno reso nota a tutti col libro "Asce di guerra", che racconta appunto la vicenda di Ravagli partito giovanissimo dall'Italia per andare in Indocina a combattere contro i francesi in Laos, "il vietcong romagnolo": la differenza è che Ravagli era solo un ragazzino al tempo della Resistenza e non ha fatto il partigiano.

Sono storie che colpiscono, perchè sembrano più leggende che storie vere: un italiano alla rivoluzione cubana? un altro in Indocina? Il fatto è che provengono direttamente da un'epoca in cui c'era gente, tanta, tantissima, che aveva combattuto per la libertà (quella vera, non quella berlusconiana) e per la democrazia nel nostro paese, e il cui ricordo non va sfumato da tanto revisionismo storico. E qualcuno di quelli sentiva il bisogno di continuare a combattere, come Doné e Ravagli appunto. Fra qualche anno purtroppo non avremo più nessuno che potrà raccontare storie così.

Doné qualche mese dopo quel 2 dicembre di 50 anni fa fu costretto a lasciare Cuba e trascorse gran parte della sua vita negli Usa: solo da pochi anni è tornato in Italia e spera che gli sia concesso di rivedere dopo tanti anni il compagno Fidel.