Moebius

Moebius

venerdì 31 marzo 2006

A me, Il caimano è piaciuto

Del film di Moretti si è detto tanto, quindi non che dica qualcosa anche io non serve. Però, "Il caimano" mi è piaciuto. Un buon film tutto sommato, e sottolineo un buon film, al di là del contenuto politico.

Moretti racconta la storia della realizzazione di un film nel film ("Il caimano" appunto); racconta le vicende personali del produttore di film come "Mocassini assassini", "Maciste contro Freud" o "Cataratte", Bruno Bonomo (un grandissimo Silvio Orlando, eccezionale), in lenta e dolorosa separazione dalla moglie (anche qui bisogna menzionare Margherita Buy, ottima), e della giovane regista (Jasmine Trinca) autrice del film sul Caimano; infine, naturalmente, racconta la vicenda del Caimano (che assume quattro volti diversi, di cui uno è quello originale, al Parlamento Europeo) che si è mangiato l'Italia pezzo a pezzo.

Ok, tutte cose che già sapete, appunto; però sottolineo come "Il caimano" si regga soprattutto su un'ottima regia ed una sceneggiatura ben costruita e senza sbavature, e che rispetto ad altri film di Moretti si lascia seguire senza problemi. Alcune battute poi sono memorabili, davvero. Per non dire poi che le battute tratte dal Caimano originale sono le più belle: nessun sceneggiatore avrebbe saputo scrivere dialoghi che colpiscono così: per capire Berlusconi basta riprendere le sue dichiarazioni o ascoltarlo dalla sua viva voce, e ti chiedi come è possibile che metà del paese non veda quello che a te pare lampante.

Alla fine il film di Moretti, lascia un senso di desolazione, perché non si può non guardare con tristezza a quest'Italia in cui, come dice uno dei personaggi, si parla solo di televisione e di Berlusconi. Un'Italia che, volenti o nolenti, ha visto le sue vicende dominate da questo personaggio, che è solo nostro, nessuno ne può vantare uno così (che bello!); e su un personaggio così importante, qualsiasi cosa se ne pensi, solo Moretti ha avuto il coraggio di farci un film (se non si considera il documentario "Quando c'era Silvio" di cui ho parlato tempo fa).

Quanto alle polemiche politiche, sono inutili: un film così lo vede un pubblico definito, diciamo di "sinistra" o come vi pare, non sposterà un voto. E' solo, "solo", un film: a futura memoria, sperando che un giorno avremo metabolizzato l'era del Caimano, e si possa guardare oltre.

giovedì 23 marzo 2006

L'androide Philip K. Dick, rubato

Forse avrete già sentito la notizia che un equipe di esperti in robotica ha creato una replica di Philip K. Dick, un androide in grado di sostenere una conversazione, di cui parlai a giugno (qui). Ora senza entrare nei dettagli, non essendo un esperto di intelligenza artificiale (nel post segnalato ci sono due link utili che dovrebbero ancora funzionare), vi dò la notizia nuova.


Il manifesto di venerdì 17 marzo ha riportato nella pagina culturale un bell'articolo di Tommaso Pincio dedicato a Philip K. Dick, vuoi perché a Vicenza si è svolto un convegno molto importante sullo scrittore, vuoi perché si è appreso che l'androide di cui si è detto è scomparso. Certo che sembra una storia dickiana, non c'è che dire, come ne L'androide Abramo Lincoln, dove vengono appunto riprodotto androidi che riproducono personaggi realmente esistiti, e che se ne vanno a spasso per conto loro.  Eh, sì, non si sa se ha preso e se ne è andato, cercando più vita come un Roy Batty, o se è stato rubato (per chiedere un riscatto o forse, come scrive Pincio, per metterlo all'asta su e-bay). Comunque sappiate che è un tipo davvero divertente: ci stiamo facendo un sacco di risate, ragazzi!

Par condicizziamo tutto? Per fortuna che esce il Caimano

[nota: post noioso pure me che l'ho scritto, avrei voluto farlo più divertente e toccare più argomenti, invece gira su se stesso e non dice cose nuove o intelligenti]

[nota 2: la nota precedente non è un modo ironico per dire invece che il post è divertente: è noioso per davvero, non leggetelo]


Stamattina vorrei segnalare una sorta di indigestione da politica che stiamo vivendo. Ok, lo so che io a volte parlo di politica, e me ne interesso, mi informo; intendo dire che in questa pessima campagna elettorale c'è stata una sorta di iper-rappresentazione della politica, in tv soprattutto, come politica in quanto tale, non come gestione della cosa pubblica e come ricerca degli accordi e delle soluzioni per governare e gestire le dinamiche sociali ed economiche.

Una delle caratteristiche principali della tv di oggi (e non solo, è già da un bel pò che abbiamo questa neo-televisione: sarebbe ora di trovare nuovi schemi interpretativi) è l'autoreferenzialità, cioè la tv che parla di se stessa e mostra se stessa. La politica, d'altro canto, è autoreferenziale quasi per definizione, almeno in Italia dove l'agenda politica verte sempre sulle polemiche personali e partitiche e quasi mai sui fatti concreti che interessano la gente; la politica trita ogni tema e lo utilizza a suo uso e consumo. Ora, nel momento in cui si mettono insieme politica e tv, che succede? Che proliferano i dibattiti sulla comunicazione politica, sulla par condicio, sui duelli tv, su quello che dicono e fanno i politici in tv creando una sorta di reality in cui si cerca a tutti i costi il sangue e si bada poco a tutto il resto.

A meno di tre settimane dal voto stiamo ancora discutendo sui tempi, su quanto i politici vadano in tv, su chi comunica meglio dell'avversario, e se questo sposterà voti. Beh, diciamolo, di voti ne sposta pochini, anzi forse niente, e se ne sposta lo fa tanto da una parte che dall'altra. Il grande equivoco, della politica e della tv autorefernziali, è di mettersi al centro loro e di guardare tutto il resto, fatti e persone, come se queste ultime aspettino solo il messia. La gente è molto più intelligente, ragazzi, la gente vota guardando a come campa, a quali prospettive ha davanti (escludendo quelli che votano per idee e valori, quindi per partito preso) e la tv ha molta meno influenza di quello che la stessa tv cerca di raccontare, perché le opinioni si formano attingendo a tanti medium e a tante diverse agenzie.

In quest'era ci è toccato vedere anche questo, come se gli italiani votino per chi rispetta di più i tempi della par condicio o quelli dei duelli con le regole "americane" (che sono comunque sempre preferibili alla rissa: noiosi quanto volete ma almeno c'è uno straccio di contenuti; chi poi vuole andare oltre allo straccio ha i giornali, la radio, Internet e i blog per tentare di farsi di un'idea). Ecco, senza questo corto circuito autoreferenziale forse avremmo visto meno discussioni sulla par condicio e più cose concrete.

Il fatto è che è la tv stessa ad essere tale che è raro che escano contenuti di qualche tipo (uno dei rari casi di queste settimane sono le inchieste di Iacona su Rai tre, con Viva l'Italia); ormai tv e politica sono in rapporto stretto, ed è difficile dire quanto l'una usi l'altra e viceversa: la politica è entrata nel meccanismo televisivo senza per questo divenire più vicina alla gente.

Abbiamo avuto il prepartita e il dopopartita del confronto tv, come una finale di Coppa dei Campioni; tutti a domandarsi, chi vincerà, chi vince, chi ha vinto, come se poi il dibattito sul format e su chi ha comunicato meglio (ma comunicato cosa?) fossero il terreno vero di confronto. In questa tv dove conta di più il primo piano su uno sguardo truce piuttosto che il contorno d'insieme in cui si muovono le persone (quelle vere, non quelle chiuse nella scatola), che non rappresenta quasi più una realtà che la gente tocca davvero, si parla troppo di politica e se ne fa poca, di politica, o meglio di informazione.

Certo, anche qui ora ho parlato della politica che parla di se stessa in tv, ma intanto io non sono la tv, ho una audience più bassa, direi (sperando che qualcuno non chieda anche per i blog la par condicio!). E poi non faccio opinione, credo. C'è gente che trascorre più ore fra i blog alla ricerca, oltre che di rapporti personali, anche di notizie ed informazioni, per farsi un opinione o per scambiarle. E questo, il dialogo ed il rapporto interpersonale, anche se mediato dalla tecnologia, può contare di più che tanti dibattiti tv (che hanno un pubblico diverso).

Quello che questa relazione stretta fra politica e tv ha creato è una biscardizzazione della comunicazione politica (e se Biscardi conducesse i faccia a faccia?), con una logica di attesa all'evento successivo (per iniziare una nuova sequela di polemica) che fa gioco soltanto ai protagonisti (senza capire che al di là dell'audience poi l'elettorato mobile davvero, giovane e che cerca di costruirsi un'opinione sta da un'altra parte, penso io, magari sbaglio).

C'entra poco (ma forse sì) con questo post sui meccanismi di comunicazione (doppia deformazione, sia professionale che di studio), ma a proposito di attesa: domani esce Il caimano, l'ultimo film di Nanni Moretti, su cui tanto si è scritto e tanto ci si è interrogati, vuoi per il mistero che Moretti sa sempre celare intorno ai suoi film, vuoi per il contenuto antiberlusconiano annunciato (e magari, anzi probabilmente, il film parlerà anche, e forse soprattutto, di altro). Vedremo.

martedì 21 marzo 2006

Per le strade di Roma

C'è adrenalina nell'aria
Carne fresca che gira
Polvere sulla strada
E gente che se la tira
E a tocchi a tocchi una campana suona
Per i gabbiani che calano sulla Magliana
E spunta il sole sui terrazzi della Tiburtina
E tutto si arroventa e tutto fuma
Per le strade di Roma

Ci sono facce nuove
E lingue da imparare
Vino da bere subito
E pane da non buttare
E musica che arriva da chissà dove
E donne da guardare
Posti dove nascondersi e case da occupare
Che sono arrivati i Turchi all'Argentina
E c'è chi arriva presto e chi è arrivato prima
Per le strade di Roma

E c'è un tempo per vendere
E un tempo per amare
E c'è uno stile di vita
E un certo modo di non sembrare
Quando la notte scende
E il buio diventa brina
E uomini ed animali cambiano zona
Lucciole sulla Salaria e zoccole in via Frattina
E tutto si consuma e tutto si combina
Per le strade di Roma
E a tocchi a tocchi una campana suona
Per i ragazzi che escono dalla scuola
E sognano di fare il politico o l'attore
E guardano il presente senza stupore
Ed il futuro intanto passa e non perdona
E gira come un ladro
Per le strade di Roma

Francesco De Gregori - Per le strade di Roma (dall'album Calypsos)

Ipse dixit

Che ti fa Ruini a meno di tre settimane dal voto? Fa uscire un bel decalogo per ricordarci come la pensa la Chiesa su famiglia, Pacs, aborto, sull'economia, sull'immigrazione, sull'ora di religione. Basta leggere i giornali.

Ora, non dico che la Chiesa non debba parlare e difendere i propri valori (e privilegi), è il mestiere suo, del Papa e di Ruini, ma di entrare in piena campagna elettorale proprio no. Prendo un virgolettato dai giornali: "Abbiamo deciso di non coinvolgerci come Chiesa e quindi come clero [...] in alcuna scelta di schieramento politico o di partito". Lodevole intenzione, ma allora, ripeto, potevano aspettare dopo il voto, o no?

E poi, riprendo un altro virgolettato, dire che bisogna evitare la "diaspora dei cattolici" e la "facile adesione a forze politiche e sociali che si oppongano o non prestino sufficiente attenzione ai principi della dottrica sociale della Chiesa" non è un indicazione di voto? O almeno un tentativo di indirizzo?

lunedì 20 marzo 2006

Cosmopolis, di Don DeLillo

Eric Packer è un giovane miliardario che una mattina di aprile dell'anno 2000, dopo una notte insonne passata ad elucubrare sulla sua vita, parte da Manhattan per andare a farsi fare un taglio di capelli a Hell's Kitchen (e perché proprio a Hell's Kitchen il lettore lo scoprirà più avanti). Con la sua limousine bianca ed enorme, supertecnologica ed accessoriata, decide di attraversare l'intera città, circondato dalle sue guardie del corpo, in una giornata che si rivelerà decisiva. E Cosmopolis quindi è una sorta di Ulisse (di Joyce): una giornata intera di Eric Packer, fra i vari personaggi che compongono la sua vita, o che vivono solo nel ricordo, ed incontri occasionali, alla ricerca non solo di un taglio di capelli (o della notizia del ribasso dello yen, su cui Eric ha speculato fortemente, al punto da mettere in crisi la sua intera fortuna) ma del senso profondo ed intimo della sua esistenza.

Don DeLillo anche in questo recente libro (del 2003) riesce a dipingere attraverso alcune situazioni iperreali e a volte grottesche il mondo contemporaneo, come pochi altri. Le avventure e gli incontri di Eric, fra le sue amanti, la sua giovane moglie, poetessa ed ereditiera con cui non riesce a fare l'amore, fra anarchici che protestano per New York, i suoi collaboratori, che costituiscono una variegata comunità che di volta in volta abita la sua automobile, e tutta una serie di personaggi che entrano ed escono come fantasmi, ognuno portando con sé qualche verità da scoprire, delineano un quadro che nella sua complessità rappresenta la società ipertecnologica, consumistica, dominata dai rifiuti in cui viviamo, o potremo vivere. Eric è appunto una sorta di Ulisse che viaggia in un insieme di paure e di sicurezze allo stesso tempo, che si interroga su tutto, soprattutto sulla natura della cultura, in cui i dati e le informazioni sono centrali, in cui si ripone la fiducia di trovare i significati che cerchiamo, e che invece sono tutti intorno a noi, nelle piccole cose, a cui bisogna dare un nome, per far sì che le parole abbiano un senso, e risolvere i nostri dubbi. Trovati tutti i pezzi, allora possiamo seguire le tracce fino al nostro destino.

Davvero un bel libro, in cui c'è tutto DeLillo: l'interrogarsi continuo sul senso dei nomi e delle parole, come se dalla semantica venisse il senso del mondo, e forse è così; elementi tipici del suo immaginario, come i grattacieli (non viene detto esplicitamente, ma secondo me il superattico di Eric è in cima alle Torri Gemelle, e così la scelta dell'aprile del 2000 come momento della storia acquisisce un significato più profondo, tutto da decifrare) o gli aerei da guerra, l'arte e l'architettura come prodotti di consumo, e come specchio della realtà, la tecnologia ed i media come strumenti attraverso i quali ri-mediare la realtà, e farla vivere in modo nuovo. Il tutto con una prosa ricca da un punto di vista lessicale e stilistico, in cui ogni parola è pesata e misurata al di là di un puro senso estetico ma per i significati che ogni idea e oggetto portano con sé.

martedì 14 marzo 2006

"Capì quanto significasse per lui, il movimento di dati su uno schermo. Esaminò i diagrammi figurativi che si rifacevano a modelli organici, ala d'uccello e conchiglia spiraliforme. Era pura superficialità affermare che numeri e grafici fossero la fredda compressione di turbolente energie umane, desideri e sudate notturne ridotte a lucide unità sui mercati finanziari. In realtà i dati stessi erano pieni di calore e passione, un aspetto dinamico del processo della vita. Quella era l'eloquenza di alfabeti e sistemi numerici, ora pienamente realizzata in forma elettronica, nel sistema binario del mondo, l'imperativo digitale che definiva ogni respiro dei miliardi di essere viventi del pianeta. Lì c'era il palpito della biosfera. I nostri corpi e oceani erano lì, integri e conoscibili."


Don DeLillo - Cosmopolis

lunedì 13 marzo 2006

La Grande Fuga

Ma lo avete visto ieri dalla Annunziata il presidente del consiglio dei miei stivali? Se non avete guardato la trasmissione avrete appreso i fatti dai Tg visto che già all'ora di pranzo era la notizia politica del giorno.
Ecco, la notizia politica del giorno. Quanto siamo scesi in basso? In fin dei conti ad una cosa quella fuga di Berlusconi è servita: a spostare di nuovo l'agenda della campagna elettorale sulla mera polemica politica, evitando di parlare di contenuti ricorrendo al solito schema giornalisti=comunisti.


 


Non è un caso che la Grande Fuga sia avvenuta nel momento in cui Berlusconi elencava le cose buone e giuste fatte dal suo governo: incalzato dalla conduttrice ad entrare più su questioni concrete Burlesconi prende, comincia a dire non gioco più, me ne vado, manco fosse Mina.


<B>Berlusconi abbandona studio tv<br>Alla Annunziata: "Si vergogni"</B>


(foto da Repubblica.it)


Il fatto è che Silvio, secondo me, questa sceneggiata non dico l'avesse pensata prima ma sicuramente era già partito sulla difensiva, con l'idea di riportare il dibattito sulla sua figura di martire in un mondo di comunisti che non lo lasciano parlare. Ha dato fuori di matto, non ha retto la pressione di un intervista che non fosse modello zerbino (e poi dalla Annunziata, che è stata presidente della Rai berlusconiana, mica da Biagi o da Santoro), messo in difficoltà perché quando esce al di fuori del copione che ripete ossessivamente da due mesi in ore e ore di apparizioni tv (i comunisti che limitano la libertà, le toghe rosse, le coop rosse, le 33 riforme realizzate dal governo, l'Italia che è più ricca di quanto raccontano i comunisti, ecc) non sa rispondere, balbetta, entra in difficoltà dimostrando di essere tutt'altro che il Grande Comunicatore su cui si sono sprecati fiumi di inchiostro. Già nel faccia a faccia con Diliberto a Matrix era andato in difficoltà, uscendone sconfitto perché non in grado di dare una risposta alle questioni poste dal leader del PDCI (complimenti, ero fra quelli che dubitavano: so per certo dalle mie fonti che si è preparato studiando i filmati dei precedenti duelli tv di Berlusconi). Ecco domani sera ci sarà il confronto Prodi-Berlusconi con le regole "americane" volute dal leader dell'Unione: vediamo che succede.

Questi giorni sono stati piuttosto caldi oltre che sul piano politico anche su quello giudiziario (e aggiungerei democratico): il caso dello spionaggio da parte di personaggi legati all'entourage di Storace alle scorse elezioni regionali, la richiesta di rinvio a giudizio di Berlusconi per un presunto pagamento all'avvocato inglese Mills per dare falsa testimonianza, le indagini su Cesa. La si può pensare come si vuole ma a me sembra di vedere un castello che crolla, ed emerge tutto il marcio che c'è sotto a questa classe dirigente (nel Lazio Storace si era costruito una specie di feudo personale, suo e dei suoi uomini: se ne sono andati portando via i pc dalla sede della Regione e lasciando in regalo un buco pauroso nella sanità). Di Berlusconi si è parlato e straparlato, sono stati scritti libri su libri sul conflitto di interessi, sul potere mediatico, sul passato tutt'altro che cristallino, su quello che è accaduto in questi anni di governo personalistico; questa campagna condotta in modo così becero, grazie alle bombe sparate di volta in volta da Berlusconi pernon parlare di cose concrete e attirare l'attenzione altrove, mostra un potere che si sgretola, pezzo dopo pezzo, ed è il risultato di cinque anni di governo: perché deve essere ripetuta ossessivamente la stessa solfa? Le riforme, la riduzione delle tasse, le grandi opere, l'aumento delle pensioni, l'aumento dell'occupazione, viene tutto rivendicato come merito del governo: perché, allora, leggendo i giornali e guardando la tv l'unico programma che emerge da parte di Berlusconi & CO. è di completare il programma di questi cinque anni? Completare? ma come, è stato fatto così tanto! Avete sentito una sola idea nuova provenire dai berluscones, questi giorni? Un solo progetto, una sola innovazione? Cinque anni di deserto intellettuale e di prevaricazioni personalistiche dei principi costituzionali hanno portato alla situazione di crisi economica ed istituzionale che gli italiani conoscono senza dover guardare i dibattiti tv.

Magari dovrei spendere due parole sull'Unione, ma in fin dei conti si stanno comportando bene in questa campagna, quando riescono fanno uscire pure qualche contenuto, ed un programma, in base a quello che si è letto sui giornali ce l'hanno, ed alcuni punti sembrano anche molto qualificanti (le 281 pagine non le ho lette, ma mi documenterò, e magari per par condicio faccio un riassuntino: mica posso sempre solo parlare male di Berlusconi).

Me ne vado: c'è la fine di un'era della storia italiana in queste parole? Lo spero. Questo blog si auspica che il 9 aprile una delle coalizioni vinca, e questa coalizione è il centrosinistra.

giovedì 9 marzo 2006

Uno strano sogno

Stanotte ho fatto un sogno davvero strano: chissà quali perversioni si celano dietro un viaggio così nel regno di Morfeo. Che Sandman c'entri qualcosa?

Allora, il sogno era questo (reggetevi forte): c'era un'importante corsa ciclistica, forse un Giro d'Italia, non saprei, ed il principale favorito alla vittoria finale si staccava alla prima salita importante, fra lo stupore generale di giornalisti e tecnici, e mio che guardavo la corsa in tv. Beh, i vecchi lettori di questi blog conoscono la mia passione per il ciclismo: diciamo che la chiacchierata con un collega ieri pomeriggio in una pausa proprio sul ciclismo, e il fatto che avevo registrato la prima tappa della Tirreno-Adriatico (per cui avevo chiesto di non tenere i televisori su Rai Tre che non volevo conoscere il vincitore: a proposito, grande Paolino Bettini!), hanno portato l'associazione sul ciclismo.
La perversione vera, e qui ci vorrebbe uno psicanalista, è che il suddetto corridore che si staccava e da grande favorito diventava il grande sconfitto era... Romano Prodi! Certo, la comune passione per il ciclismo ha fatto sì che il cervello compiesse ancora questa associazione, ma è strano comunque. Mi chiedo se non sia di malauspicio, e nel caso se la montagna fosse:

a- il dibattito con Berlusconi
b- le elezioni del 9 aprile
c- una delle montagne della gran fondo di ciclismo "Maratona delle Dolomiti" a cui Prodi partecipa ogni anno nel mese di giugno (speriamo che sia impegnato stavolta).

Vi lascio il quesito, mentre continuo a chiedermi come sia strano il mio cervello...

martedì 7 marzo 2006

Quando c'era Silvio...

Vi voglio raccontare una storia, è quella dell'Omino di burro, che raccoglieva bambini sul suo carro e li portava nel paese dei balocchi; e lì i bambini si baloccavano, appunto, giocavano, si divertivano, non pensavano a nient'altro che a mangiare e a godersi la vita, come in un reality show. Dopo tanto baloccarsi, niente più politica, niente più economia, niente più studio, che non serve per diventare famosi e avere successo...

Ecco, la storia non è mia, ve ne sarete accorti. Si da il caso che la figura collodiana dell'Omino di burro è ripresa nel film-documentario che ho visto giusto giusto ieri. Il film, realizzato da Enrico Deaglio e Beppe Cremagnani, si intitola Quando c'era Silvio. Vi dice niente?

Cos'era l'Italia nell'era Berlusconi? E chi era questo Berlusconi? Beh, voi lo sapete, magari siete lettori informati. Ma se, come fa Kurt Vonnegut in La colazione dei campioni a proposito della Terra, degli esseri umani e degli Stati Uni, doveste spiegare ad un alieno che capitasse da queste parti chi era il personaggio e perchè se ne discuta tanto, perché non sia come gli altri imprenditori o politici (ecco forse il fatto che si accostino i due sostantivi già è importante), questo documentario potrebbe essere davvero utile. Lo trovate in edicola o in libreria con "i libri di Diario" (al prezzo di 17 euro, alla Feltrinelli col 20% di sconti per chi ha la carta fedeltà), con un agile libretto (per essere precisi è il DVD che è allegato al libro) che fa da guida al film, ai personaggi, per chi non li conoscesse, e che contiene efficaci riassunti sulle vicende di Berlusconi, Dell'Utri e compagnia da consultare e da diffondere.

Qualcuno obietterà che si è parlato pure troppo di Berlusconi; forse è vero vista la mole di libri e siti Internet a lui dedicati (ben riportati in bibliografia al libro), però magari c'è chi certe cose ancora non le sa, o non le vuole sapere. Vedete, nel film non ci sono contenuti clamorosi, segreti o che altro: ci sono alcune curiosità gustose (come la parte sul mausoleo della villa di Arcore, per esempio) e quello che risulta un riassunto veloce della vita e delle imprese dell'uomo e della sua gens berlusconiana; si tratta però di un quadro d'insieme che magari il cittadino meno informato, che legge poco i giornali, che si informa attraverso la tv (questa tv), che non legge libri magari non conosce, oppure non ha, appunto il quadro d'insieme fra affari, politica, massoneria, mafia (ben curata questa parte, con un intervista al PM del processo a Dell'Utri, Antonio Ingroia; agghiacciante un intervista di Dell'Utri con Chiambretti a L'inviato speciale, su Rai Uno, in cui il senatore afferma che la mafia non esiste).

Altra cosa gustosa, questa quasi inedita è l'intero intervento di Berlusconi al Parlamento Europeo nell'estate 2003, nel giorno dell'insediamento della presidenza italiana, quello del kapò dato ad un europarlamentare tedesco: tutto il contorno è anche peggio, a cominciare dal fatto che di fronte a domande precise sulle rogatorie internazionali, sul mandato d'arresto europeo e sul conflitto di interessi Berlusconi risponde con insulti.

Qualcun altro obietterà che forse così lo si demonizza e magari si fa il suo gioco; no, questa è una balla che vi hanno raccontato a cominciare da lui in persona: bisogna informare, informare e informare, perché l'informazione e la conoscenza fanno l'uomo libero, libero per davvero, non delle libertà berlusconiane.

Io sono il primo a dire che le elezioni del 9 aprile non devono essere uno scontro di civiltà fra Berlusconi e noi, perché davvero si fa il suo gioco; ma in questi anni abbiamo assistito all'arricchimento del politico e alla presa del potere da parte dell'imprenditore; abbiamo visto l'instaurazione di un regime de facto, basato sulle tv e sui giornali (e se, come spero potremo mandarlo a casa, significa che le regole stabilite 60 anni fa tutto sommato non erano così male, visto che hanno retto al tornado berlusconiano), che ha portato ad un imbarbarimento della politica italiana, che diventa evidente in questa pessima campagna elettorale, in cui a un mese dal voto praticamente di tutto si è parlato tranne che di contenuti, perché la trasformazione che ha portato Berlusconi a tutto il sistema (mentre lui si faceva gli affari propri) è stata il passaggio ad una democrazia dell'apparire.

E allora? Allora cerchiamo di diffondere il verbo: magari questo film da solo non basta, ma potrebbe mettere qualche pulce nell'orecchio, per far sì che la gente si ponga domande (è tutto vero? potrebbe chiedersi l'alieno di cui sopra), si informi, legga, chieda a qualche conoscente.
Mi rendo conto di uno scoglio: probabilmente come sempre accade in questi casi certi film o certi libri restano in un circolo di persone che queste cose già le sa. Comunque, alla fine il documentario è godibile e ben fatto, se proprio non servisse alla causa almeno credo che chi lo vedrà non penserà di aver proprio sprecato il suo tempo.