Moebius

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giovedì 2 giugno 2011

Snow Crash (cyberpunk for dummies)



copertina di Snow Crash

Un viaggio all'interno del Metaverso con Hiro Protagonist, hacker, programmatore, gran maestro di katana (sia nel mondo virtuale che in quello reale), ragazzo delle pizze per la Mafia, cacciatore di informazioni per ciò che rimane della CIA.
Il divertimento con questo romanzo è assicurato, all'insegna di combattimenti con la spada, inseguimenti (in moto, in skateboard, in nave, in elicottero, chi più ne ha più ne metta), realtà virtuale, avatar (termine che Stephenson si vanta di aver usato per la prima volta con l'accezione da "second life" che conosciamo noi: a me risultava che lo avesse coniato Sterling).

Per il resto Snow Crash sviluppa tematiche generali tipiche del cyberpunk: poteri politici ormai evaporati e ridotti a poco più che simulacri, sovrastati dai potentati economici e criminali che hanno impiantato negli Stati Uniti di Stephenson microstati in franchising a metà fra grandi centri commercial-residenziali e entità politiche vere e proprie; la Mafia e le grandi organizzazioni criminali ormai in grado di dominare alla luce del sole interi settori della società e dell'economia; supremazia dell'informazione come unica e vera merce di scambio; ambienti virtuali all'interno dei quali vivere vite ed esperienze parallele ma ormai fuse con la propria vita reale.

Il libro è però ricco anche di spunti originali e interessanti (su tutti le nuove forme di socialità nella Rete, in un'epoca precedente a Second Life e a Facebook), anche se comunque riconducibili alla tradizione segnata da Gibson, Sterling e gli altri autori delle storie con gli occhiali a specchio.

L'elemento centrale intorno al quale ruotano tutte le vicende è l'idea che linguaggio, religioni e evoluzione umana siano concetti strettamente legati. Risulta quindi davvero stimolante il modo in cui l'autore ha collegato la nascita della civiltà in Mesopotami con l'evoluzione delle religioni e del linguaggio, attingendo ai miti e alle storie sulle quali si fondano le grandi religioni monoteiste (Babele su tutti).
Un po' troppo scontata però l'analogia fra il cervello umano e i computer, con il primo che può essere programmato tramite formule legate ad antichi riti che avrebbero l'effetto di veri e propri virus neuro-linguistici.
Tra l'altro, anche questo rapporto fra informatica, codice binario e linguaggio è elemento già presente, pur con declinazioni diverse, nelle opere cyberpunk "classiche".

In sostanza, un romanzo con molte cose positive, divertente, ricco d'azione, con situazioni narrative sempre varie, personaggi sopra le righe ma con qualche limite: alcuni personaggi sono caratterizzati con l'accetta, certe svolte alla storia sembrano tirate via e poco coerenti, lo stile è ben lontano da quello di un Gibson (e incredibilmente ho letto alcune recensioni su Anobii in cui si diceva che Stephenson sarebbe meglio di WG).

Per quanto riguarda la qualità di scrittura, però, a discolpa di Stephenson c'è da dire che l'edizione Rizzoli è una delle peggiori che mi sia mai capitata fra le mani: brutta traduzione, con errori grammaticali e sintattici, e pessimo editing (il libro è pieno di refusi di ogni genere).


copertina Vizio di forma


Quante persone avrà fregato Pynchon con questo libro? Quanti lo avranno comprato senza sapere bene cosa avevano fra le mani, pensando di aver comprato un noir?

In sintesi, è un libro divertente, scritto divinamente e che fa fare pace a tutti con la letteratura post-moderna; godibilissimo, sicuramente più accessibile di altri capolavori di Pynchon e, per citare un altro post-moderno, DeLillo.

Pynchon ha scritto un libro molto articolato ricco di personaggi assolutamente sconclusionati, surreali ma allo stesso tempo iperrealistici: l'hippie detective Doc Sportello si ritrova a indagare su una scomparsa, poi viene coinvolto (e accusato) in un omicidio, e poi su un sacco di altra roba. Ogni mistero in questo libro cela dietro di se un altro mistero, che a sua volta, ecc. ecc.

Situazioni grottesche e surreali che raccontano in un modo assolutamente originale la California dei primi anni '70, dipingendo un quadro a tinte psichedeliche ma che sotto cela colori più neri. Quell'America lì non è solo amore libero, droghe e libertà ma, contemporaneamente, ha visto nascere anche tante distorsioni che viviamo oggi nella nostra società.

Infine, Pynchon ha incastrato un sacco di cose, con continue citazioni e riferimenti ai quali è sicuramente difficile stare dietro, così come al lettore più superficiale può risultare difficile stare dietro ai continui cambi di scena e situazioni.

A me è piaciuto molto, avevo giusto bisogno di un libro così.