Moebius

Moebius

venerdì 27 ottobre 2006

Cosa possiamo vedere?

Che cosa vede uno scanner? Dentro la testa, dentro il cuore?
Vede fin dentro di me? Dentro di noi? In modo chiaro od oscuro?
Io spero possa vedere con chiarezza, perché io non riesco a vedermi dentro,
ormai. Vedo solo tenebre. Tenebre tutt'intorno; tenebre dentro
Spero, per il bene di ciascuno, che le olocamere facciano meglio.
Perché se all'olocamere è dato solo un oscuro scrutare, nel modo
in cui a me è dato, allora nostra è la maledizione, e tutti siamo maledetti,
così saremo spinti verso la morte, conoscendo poco o nulla, e quel poco,
e quel nulla, conoscendolo male.


- Philip K. Dick -


 Visto che non so che scrivere, o non mi va di scrivere fate un po' voi, posto questa bella citazione dickiana, che apre il volume del graphic novel pubblicato da pochi giorni basato sul film e sul libro di Dick "A scanner darkly": anche se è basato sul film (quello che i giapponesi, forse, chiamerebbero un anime book) questo cartonato è davvero ben curato, e i testi sono tratti, invece, dalla traduzione italiana di "Un oscuro scrutare". Direi che si tratta di una chicca per appassionati di Dick: la mia copia ancora odora di stampa (avete presente quell'odore fra colla e inchiostro?) e credo che la custodirò gelosamente.

mercoledì 25 ottobre 2006

A scanner darkly

A scanner darkly è da sempre considerato come uno dei libri più belli di Dick, ma anche uno dei più difficili, complessi ma soprattutto cupi, duri, forse il più "oscuro" di tutti, appunto.

Vedere il film tratto dal romanzo di PKD (una delle sue ultimissime opere), con la regia di Richard Linklater e con un bel cast, fa un certo effetto sia perché non può non farne trovarsi davanti a uno schermo che su cui è rappresentata la trasposizione di uno dei tuoi libri preferiti e perché il film è difficile da giudicare. Intanto, ed è subito un punto a suo favore, è molto fedele alla storia raccontata da Dick dopo un lungo periodo da lui vissuto in un centro di disintossicazione, e questo è molto positivo, visto che i racconti e i romanzi di Dick riadattati dal cinema spesso vengono stravolti.

Un oscuro scrutare racconta la storia di Fred (Keanu Reeves nel film), agente di polizia infiltrato in un gruppo di tossici per scoprire l'origine della produzione e della distribuzione della sostanza D (o M, se tradotta in italiano: M sta per morte), incredibilmente potente droga psicotropa in grado di distorcere la percezione della realtà (fino alla deteriorazione delle capacità cognitive) e origine di una dipendenza praticamente impossibile da combattere. Fred, nel gruppo in cui è entrato a far parte, è Bob, che ha ha una ragazza che è anche il suo spacciatore (Winona Rider) e che ospita in casa sua altri due tossici (Robert Downey Jr. e Woody Harrelson). Il protagonista si ritrova a dover assumere egli stesso sostanza M e a diventarne dipendente: a quel punto cominciano i suoi guai.





 







Mi sembra di aver raccontato a sufficienza la trama, ma senza entrare troppo nel dettaglio. Se andate a vedere A scanner darkly, piccola avvertenza, andateci sapendo bene cosa affrontate, altrimenti potreste vivere un'esperienza cinematografica respingente piuttosto che di coinvolgimento.

Nel complesso il film di Linklater mi è piaciuto, intanto, come detto, per la fedeltà a PKD e al senso profondo del suo libro, poi per l'originalità della tecnica di animazione digitale (in pratica "disegnando" sugli attori in carne ed ossa) che rende sul serio l'idea di estraniamento dalla realtà che una mente sotto sostanza D dovrebbe/potrebbe vivere (un piccolo appunto, questo effetto grafico può risultare però in alcuni passaggi un pò stancante: forse si poteva trovare un giusto mix con qualche ripresa "realistica"); è un film che sotto effetto di qualche allucinogeno secondo me dovrebbe dare risutati stupefacenti...




















Riconosco però che si tratta di una pellicola non facile da apprezzare, come detto per la tecnica particolare con cui è girata e per la tematica veramente dura, la discesa nel profondo della mente di un tossicodipendente. Però, si tratta di un film originalissimo, per certi versi sperimentale, che mi sento di consigliare a chi è disposto ad avere a che fare con qualcosa di diverso: poi, può piacere oppure no, fatemi sapere.

Chiudo segnalando la citazione finale della dedica di Dick in chiusura del libro, ripresa nel film, a tutti i suoi amici che hanno subito danni alle funzioni cognitive o psicologici o che sono morti (PKD sarebbe morto qualche anno dopo): davvero forte come chiusura, inevitabilmente emozionante.

lunedì 23 ottobre 2006

Dal Texas a Roma

Come annunciato sabato ho avuto modo di incontrare Joe R. Lansdale, lo scrittore texano che ha fatto un giro in Italia per presentare il suo ultimo libro, Echi perduti, a Lago D'Orta (dove ha ricevuto il premio Grinzane Cavour Noir), a Firenze, Bologna, da qualche altra parte per poi chiudere il viaggio a Roma, alla libreria del suo editore (o meglio di uno dei suoi due editori italiani). Tra l'altro questo Echi perduti, che ho recensito qualche post fa, è un buon libro e sta avendo anche un discreto successo.

Quindi, dopo un giorno di lavoro sono sceso dall'ufficio, proprio sopra la libreria (le coincidenze della vita), ho messo il muso dentro e mi sono accertato che mancasse ancora un po' all'incontro con Lansdale; dopo un giretto, ripasso davanti alla libreria e chi ti incontro? Ma proprio Joe R. Lansdale in persona (che avevo già visto lo scorso anno, alla stessa libreria) che mi saluta pure (è solo educazione, nient'altro naturalmente). Mentre lo scrittore viene intervistato da Rai e Sky, la libreria inizia piano piano a riempirsi, fino ad essere stipata quasi a scoppiare (è uno spazio relativamente piccolo, non stiamo parlando di un megastore impersonale dove chi ci lavora nemmeno ti degna di attenzione) e allora possiamo quasi cominciare.

Quasi, perché un piccolo rallentamento ha fatto sì che si attendesse l'interprete che stava finendo di parlare con i giornalisti. Sottolineo il rallentamento perché mi sono trovato gomito a gomito con S. F., l'editore, e ci ho scambiato quattro chiacchere, non nascondendo il piacere che ho a leggere i suoi libri e soprattutto, come sapete tutti, miei affezionati lettori, Philip K. Dick; S. F. si è fomentato e ci siamo messi a parlare di Dick e di "A scanner darkly", la versione cinematografica di "Un oscuro scrutare", che ho visto venerdì sera (film di cui parlare: a me è piaciuto ma potrebbe anche non piacere a chi non sa bene cosa aspettarsi; essendo molto fedele al libro è veramente duro da digerire, visto il tema della tossicodipendenza), e di cui S. F. ha appena pubbicato anche un graphic novel.

Ok, si inizia a parlare con uno degli scrittori più difficili da catalogare, se non come un maestro dei generi e della narrazione tout court. Dalle domande di Paolo Zaccagnini e da quelle dei suoi lettori Lansdale ha illustrato abbastanza bene il suo essere scrittore, a partire dalla passione per la lettura, iniziata con i comics, e dall'amore per i generi in ogni linguaggio, dai fumetti appunto fino a B-Movies dei drive-in che frequentava da ragazzino. I primi libri, l'amore per il mistero, per i grandi scrittori noir americani, la decisione da giovanissimo di diventare scrittore lui stesso.

Aspetto interessante della sua scrittura, come ho sottolineato più volte io stesso su questo blog, è la sua ecletticità sia in termini di tematiche che stilistica, essendo lui in grado di passare dall'umorismo nero al drammatico, al grottesco o al fantastico puro, rendendo difficile, come detto una classificazione dei suoi libri che spaziano fra horror, pulp, noir, crime e/o detective story.  Mi piace edivenziare poi che Lansdale nelle sue storie fa emergere l'amore per la sua terra d'origine, il Texas come detto, un Texas che è assolutamente fuori dagli stereotipi dei film western o dalla visione moderna fatta di petrolieri repubblicani che diventano presidenti degli Stati Uniti per andare a fare qualche guerra in giro per il mondo.



Personalmente quello che amo di Lansdale, e gli ho fatto anche una domanda in proposito, è che le sue sono prima di tutto storie, con personaggi dotati di una profonda umanità: Lansdale non cerca il colpo di scena o la suspence in qualche espediente puramente orrorifico oppure tecnico-scientifico alla CSI (si definisce ironicamente troppo stupido per inserire i metodi della polizia scientifica nelle sue storie) ma nell'evoluzione della storia e nella profondità che quasi sempre hanno i suoi personaggi.

Non c'è moltissimo altro da dire sull'incontro con Joe Richard (abbiamo scoperto tutti con sorpresa cosa significa la R) Lansdale (anche perché non ho preso appunti...), se non che ha evidenziato il suo amore per l'Italia e per i suoi fan italiani (tanto è vero che l'ultimo romanzo è pubblicato in anteprima in Italia e uscirà negli USA a febbraio) e che pensa di scrivere una delle prossime storie di Hap e Leonard (la scalcinata coppia di investigatori di libri come "Rumble Tumble" o "Il mambo degli orsi") ambientata proprio in Italia (come farà a farli uscire dal Texas sarà una vera sorpresa penso).

Termino con una nota personale: è veramente piacevole conversare con Lansdale, un tipo assolutamente alla mano e che si vede ama parlare e incontrare i suoi lettori. Almeno spero, visto che gli ho fatto autografare una pila di libri (e come me anche altri non si sono limitati all'ultimo romanzo).









(Joe R. Lansdale in posa)









(Joe R. Lansdale con Paolo Zaccagnini)









(Joe R. Lansdale che firma libri ai lettori)









(Joe R. Lansdale ed io: peccato che questa di foto non sia venuta molto bene)

venerdì 20 ottobre 2006

Appuntamento per domani, ore 19

Domani pomeriggio che fate? Ho già scritto la settimana scorsa che domani, sabato 21 ottobre, ore 19 (forse anche qualcosa prima) alla Libreria F. di Piazza Madama corro ad incontrare Joe R. Lansdale, che presenta il suo ultimo libro in Italia. Ne approfitterò per farmi autografare un po' di libri (lo scorso anno me ne feci firmare due, domani vado con lo zaino pieno) oltre che per scambiare due parole con un autore che è ormai diventato un cult in Italia, il paese dove, pare, i suoi libri sono più apprezzati (tra l'altro, se la locandina appesa nella vetrina della libreria dice il vero, "Echi perduti" sta avendo un gran successo, con 40 mila copie vendute in un mese).





Quindi domani, dopo aver fatto il mio turno di lavoro, scendo dall'ufficio e vado direttamente da JRL. Poi, posterò un resoconto dell'incontro come ho fatto già lo scorso anno (sempre che emerga qualcosa di nuovo da raccontare: chissà magari ai lettori rifila sempre le solite palle), almeno per il mio puro piacere personale.





Ieri tra l'altro sono già passato in libreria, come faccio spesso, troppo spesso forse. Troppo spesso, al punto che la tipa carina che mi saluta sempre quando passo e mi fa sempre lo sconto (credo che parte del suo stipendio in realtà glielo paghi io...) ieri, mentre come al solito acquistavo un paio di libri mi fa "Certo che ti piacciono proprio tanto i libri F." (per la cronaca ho preso "Futureland" di Walter Mosley e "Jerry Cornelius: programma finale" di Micheal Moorcock), e che gli potevo rispondere se non dicendo che mi sono affezionato a quest'editore leggendo PKD? Spero che la mia identità ora non sia stata scoperta... Comunque, morale della favola, amo essere immerso nell'immaginario, al punto da perdermi (vedi citazione di Evangelisti sopra), e quando ho voglia di fantascienza cerco la qualità, soprattutto per sperimentare cose nuove, anche sei i due libri citati dovranno aspettare un po' per avere l'onore di esser letti.




Insomma per chiudere non mi resta che ricordarvi l'appuntamento per domani, ore 19.

venerdì 13 ottobre 2006

Pentiti e non peccare più!

Pentiti e non peccare più! Tu così dedito all'edonismo e al consumismo, così attento ai soldi e a spendere e a consumare e a lasciarti andare ai vizi più sfrenati. Pentiti, ma prima pecca, sennò come fai a pentirti?






 





Un mondo di colori che fermano immagini, attimi e simboli del mondo contemporaneo, che lasciano ai posteri, a gloria imperutira, le immagini di icone e divi. Immagini rielaborate, ri-mediate, dal significato stravolto: non elegie celebrative, non solo elegie celebrative, ma esaltazione delle contraddizioni del '900, con il dollaro al fianco della falce e del martello, capitalismo e comunismo, con la statua della libertà che evoca guerra, con i divi immortalati che credono di diventare immortali ma mostrano solo la vanità umana, forse il peccato più peccato di tutti.









L'uso di un immaginario e allo stesso tempo la creazione di un immaginario; un immaginario patinato che cela dolore e morte: disastri automobilistici che, fotografati e serigrafati su tela, fotografano a loro volta una società in cui la tecnologia diventa un veicolo sul quale viaggiare fino alla morte. Morte che è affascinante perché non cela, non nasconde, è diretta e immediata, non si ricopre di colori e quando è violenta e improvvisa blocca il protagonista nel mito e ne fa un'icona.



 








La massima esaltazione dell'opera d'arte senza aura, l'opera arte dell'era della riproducibilità tecnica accessibile a tutti, che tutti conoscono, a cui ognuno in fondo dà il proprio significato; l'opera d'arte che non è importante per il lavoro dell'artista che gli conferisce aura, ma diventa importante in quanto prodotto della modernità, con significati che non sono più estetici ma economici, culturali, sociali;



 



 


L'artista che diventa opera d'arte e merce e spettacolo egli stesso, che si concede e concedendosi dà l'illusione di 15 minuti di celebrità. L'artista che diventa opera d'arte nella preparazione del trucco della sua futura morte; l'artista che trasfigura prima di tutto se stesso, concedendosi agli sguardi altrui, che cercano chissà quali reconditi significato.





L'unico significato, forse, è che la salvezza e la redenzione e la resurrezzione costano solo 6,99 dollari, e viaggiano in Harley.






 

giovedì 12 ottobre 2006

Echi perduti

Visto che ieri ho scritto del giro di incontri di Joe R. Lansdale in Italia, dedichiamogli un po' di spazio: pochi come lui hanno saputo lavorare sui generi innovando continuamente passando dal pulp allo splatter all'horror al thriller al noir al fantastico (soprattutto nei racconti), a volte anche nello stesso libro.



Recentemente ho letto l'ultimo romanzo pubblicata in Italia da Lansdale, Echi perduti, che oscilla fra l'horror, il thriller e il romanzo di formazione, e come al solito mi è piaciuto, soprattutto per due aspetti che secondo me nello scrittore texano sono prevalenti: i dialoghi, sempre calibrati sia come contenuti che stilistamente, ed il finale, ricco di suspence come quasi sempre nei libri di Lansdale.



Harry, il protagonista di Lost Echoes, da bambino, dopo una violenta forma di orecchioni, ha acquisito una capacità sovrannaturale, quella di rivedere davanti a sé episodi del passato, quasi sempre violenti, non appena un suono richiama, dagli oggetti presenti al momento di incidenti o delitti, l'evento. Crescendo, Harry soffrirà sempre di più per queste sue visioni fino a gettarsi nell'alcol per sopire le sue percezioni.

Secondo me la bravura di Lansdale sta soprattutto qui, nel racconto di come sarebbe la vita di una persona che deve stare attenta a dove mette i piedi per non scatenare ricordi (non suoi) del passato, sempre legati a fatti di sangue e di violenza, costruendo, quindi, una storia che racconta la crescita di Harry e la sua progressiva consapevolezza di dover affrontare a viso aperto un problema, anzi due, l'alcol e le visioni. Allora, ecco un altro tocco tipico di Lansdale, che trova a Harry un punto di riferimento, Tad, ubriacone che cerca a sua volta di uscire dall'alcol; Tad e Harry stabiliranno un rapporto un rapporto di sostegno reciproco, con l'uomo di mezza età che insegnerà al giovane a trovare il suo equilibrio attraverso l'equilibrio che danno le arti marziali (Lansdale stesso è un maestro di arti marziali, e ha registrato un suo stile di lotta).



Raccontata così questa storia forse perde qualcosa, ma fidatevi, si tratta di un buon romanzo, anche se non propriamente di un capolavoro, che porta il lettore a voler vedere la fine (almeno spero), poi ci sono anche un paio di ragazze che girano intorno ad Harry, quindi magari il libro andrebbe letto almeno per loro.

mercoledì 11 ottobre 2006

C'è qualcosa di strano?

C'è qualcosa di strano se, un paio di sere fa, ho sognato di fare il secchione a "La pupa e il secchione?" (cazzo ho sbagliato carriera! Già mi vedo con il sottopancia nel confessionale con scritto "Dp - esperto in Philip Dick e fantascienza"; e poi chissà che non rimorchiavo, in fondo sono molto meno nerd dei partecipanti al programma)


C'è qualcosa di strano se, ieri, incontro, vicino all'ufficio, per ben due volte Stefania Prestigiacomo e la prima cosa che mi è venuta da pensare non è "toh, guarda l'onorevole Prestigiacomo di Forza Italia" ma "accipicchia che bell'esemplare di femmina umana" (natuarlmente non posso riportare le parole esatte che ho pensato). Lo ammetto sono stato stregato dalla Prestigiacomo, davvero un gran pezzo di... Quasi quasi mi iscrivo a Forza Italia...


C'è qualcosa di strano se scaricando la posta mi arriva la newsletter del mio editore preferito (sempre quello che "mi" pubblica in quanto Philip Dick) e la trovo una mail bellissima, visto che Joe R. Lansdale la prossima settimana sarà in Italia per presentare il suo ultimo libro, che ho già letto e mi è piaciuto, "Echi perduti"? No, perché il 21 ottobre, ore 19 ne approfitto per farmi autografare un altri po' di libri dopo i due dello scorso anno. Nel caso qualcuno fosse interessato io il 21 ottobre sono a piazza Madama, fatemi sapere (sul sito www.fanucci.it trovate il calendario completo degli incontri).


Vabbè, due cavolate le ho scritte per oggi.


 

martedì 10 ottobre 2006

Oh Google, Google, perché sei tu, Google?

E' di oggi la notizia che Google ha acquistato per 1,65 miliardi You Tube, il sito dove chiunque può caricare un proprio video e renderlo condivisibile a tutti. Fin qui, non che mi importi più di tanto, liberi di fare quello che vogliono.


Mi incuriosisce però il fatto che proprio il motore di ricerca più usato nel mondo (e tutti prima o poi ci siamo rivolti adoranti al suo oracolo per sapere tutto dello yak tibetano, dei mosaici bizantini o del voodoo: non so che interessi abbiate, tiro a indovinare) sia al centro di molte polemiche, come ogni cosa che diventa troppo grossa per essere realmente libera e indipendente. Google cresce sempre di più, con nuovi servizi come il "Google archive news search" (che consentirà di accedere agli archivi digitali di alcuni giornali) o con il sempre più ambizioso progetto di digitalizzazione dell'intera cultura umana, attraverso una mastodontica biblioteca universale che contenga milioni di libri sui quali non vige il copyright.




Al di là di questo, segnalo sull'Espresso della scorsa settimana un interessante articolo sulle critiche mosse a Google, a cominciare da seri problemi di tutela della privacy per chi usa il suo servizio e-mail (non saprei di preciso se è vero o no, visto che non uso G-mail) o dal suo adattamento alle regole della censura dei vari paesi in cui è presente, come in Cina. Interessante è la critica del gruppo di copyleft Ippolita, che nel libro "The dark side of Google" (in uscita in Italia nel 2007) attacca soprattutto il tentativo di Google di indicizzare quanta più parte di Internet possibile, con lo scopo o il risultato di fatto di imporre una certa visione del mondo nel momento in cui si cercano delle informazioni, quindi un punto di vista soggettivo che è anche molto geo-politico (un gruppo indipendente ha dato vita a Google World Wide Search, per mettere a confronto i risultati delle ricerche per parole chiave delle 20 versioni di Google).




Insomma anche Google pare abbia i sui peccatucci e i suoi difettucci (c'è chi segnala comunque fra i difetti principali l'inefficienza nel presentare le informazioni, ma questo rimanda ai limiti del web tradizionale, superabili piuttosto con un approccio semantico), anche se alla fine penso che ognuno continuerà a usare il motore di ricerca come ha sempre fatto, anche perché per quanti problemi possano esserci nell'uso quotidiano alla fine soddisfa sempre tutti (e gli utenti meno smaliziati come il sottoscritto difficilmente potranno smettere di appoggiarsi ad una qualche mediazione, di Google o di chiunque altro, nelle loro navigazioni e ricerche).


Mi chiedo, chi comprerà mai Splinder, per la gioia dei suoi creatori? E nel caso spetterebbe qualcosa a noi blogger?

venerdì 6 ottobre 2006

Andata e ritorno su Marte

Questa estate ho fatto un giretto su Marte e mi è venuta voglia di raccontarvelo.

Naturalmente si tratta di un viaggio immaginario, questo su quello che prima che un pianeta del sistema solare è un insieme di suggestioni, sogni, storie, insomma una figura archetipica del nostra immaginario che fra film, libri, storie ha fatto sì che se dobbiamo pensare ad un alieno, questo è invariabilmente prima di tutto un marziano; e il marziano è comunque l'altro, il diverso, che nella fantascienza e non solo ha rappresentato spesso una figura metaforica per parlare di incomunicabilità e distanza culturale (oltre che tutte le "guerre dei mondi" raccontate, ma mi sto riferendo ad altri aspetti come avrete capito).

Tornando al viaggio di cui vi dicevo. L'ho fatto accompagnato da Robert A. Heinlein e dal buon PKD, Philip K. Dick, naturalmente, attraverso due libri che sono senza dubbio due capolavori, ovviamente del genere ma se riuscite ad andare oltre gli steccati non potrete che apprezzare due libri che hanno molto da dire.



Comincio da Heinlein. Straniero in terra straniera è prima che uno dei libri più famosi di Heinlein uno dei più controversi, almeno rispetto alla sua opera complessiva. Robert Heinlein è stato spesso considerato un conservatore guerrafondaio, ma le sue storie sono soprattutto grandi avventure di formazione spesso rivolte ad un pubblico adolescenziale, che certo non si aspetta grandi riflessioni filosofiche. Stranger in a strange land invece si discosta dall'intera produzione heinleiniana proprio a partire dalla complessità e dalla modernità dei temi trattati, nonché da una maggiore ricchezza linguistica.


Micheal Valentine Smith è l'unico sopravvissuto della prima missione umana su Marte, rimasto sul Pianeta Rosso da bambino e allevato dai marziani appunto. E cosa succederebbe se un essere umano che non ha mai visto la Terra e gli esseri umani venisse riportato sul suo pianeta d'origine? Accadrebbe, come accade a Smith, che l'uomo in questione non avrebbe nemmeno gli strumenti culturali per comunicare e dovrebbe iniziare la sua educazione, sociale e culturale, da capo. Nel romanzo di Heinlein, Smith non sa ridere e non sa mentire, perché la cultura marziana non prevede né il riso né la menzogna (faccio notare che nella filosofia antica l'uomo veniva distinto dagli animali per il riso, e che la menzogna è considerata la prova che la significazione esiste e che può esserci comunicazione fra gli uomini, che sono in grado di comprendersi anche quando mentono [Eco, Trattato di semiotica generale]). Heinlein, scrittore solitamente di azione e poco attento alle questioni psicologiche e culturali, disegna un quadro affascinante, intelligente, pieno di trovate originali circa il processo di apprendimento di Smith ed il confronto fra la cultura marziana e quella terrestre, che finiranno per incontrarsi; Smith, dopo aver scoperto il riso, la menzogna e naturalmente il sesso, diventerà il portatore di una nuova visione del mondo e della vita, sincretica rispetto alle due culture, professando la piena libertà individuale, il superamento dei vincoli ideologici, religiosi e sociali (sottilmente anarcoide, direi) e la pratica del libero amore come risultato attraverso esplicare tutto ciò (fortemente fricchettone, direi).



Ecco, qua: in realtà più che un viaggio su Marte è un viaggio di andata e ritorno fra le contraddizioni della nostra civiltà, in cui, come dicevo, il Pianeta Rosso è come, quasi, sempre un modo per parlare d'altro.


Visto che mi sono dilungato più del previsto, dei marziani di Dick, scrivo nei prossimi giorni (sempre che qualcuno sia interessato, ovviamente).