Moebius

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giovedì 19 febbraio 2015

Sei nei guai? Chiama Saul!

I fan di Breaking Bad hanno aspettato l'esordio di Better Call Saul con un'attesa paragonabile a quella di un tifoso in attesa che riparta il campionato o di un innamorato al primo appuntamento.



Lo spin-off di una delle serie più belle, premiate e acclamate degli ultimi anni (la più bella? Probabile) già al suo annuncio ha provocato due tipi di reazione: amore incondizionato (Vince Gilligan è un genio, anche se non dovesse essere come Breaking Bad va comunque vista, fosse anche solo per riconoscenza!) o sano scetticismo (BB è il canone di riferimento per una serie fatta bene, comunque inarrivabile, perché cercare di sfruttare ancora il suo successo con un spin-off che non potrà mai essere come l'originale?).

Posizioni entrambe accettabili. Penso anche io che BB sia irraggiungibile ma ho comunque atteso con ansia BCS [nota per il lettore: l'ansia per una serie Tv non è vera ansia è solo un modo di dire], con la curiosità di vedere cosa poteva uscire fuori dalla stessa fucina che ha partorito le vicende di Walter White e Jesse Pinkman.

AMC ha trasmesso, negli USA, il terzo episodio e mi sento di dire che Better Call Saul è molto molto buona. Altri hanno già scritto che è più di uno spin-off e che potrebbe vivere di vita propria e mi sento di condividere a pieno questa opinione.

Vero che ha tutti gli elementi di uno spin-off, a cominciare ovviamente dal protagonista, ma la vicenda è del tutto autonoma (non c'è Saul che cambia città e magicamente prosegue i suoi affari da un'altra parte, come una Denise che lascia casa Robinson e va a vivere da sola) e, fin dai primi due episodi, acquista uno spessore drammatico che ti fa (quasi) dimenticare che si tratta dell'avvocato di Heisenberg.

La storia, ambientata nel 2002, racconta di Saul Goodman, che ancora non sia chiama Saul Goodman ma James McGill, che si arrabatta a fare l'avvocato ad Albuquerque accettando piccoli casi d'ufficio per sbarcare il lunario alla ricerca della svolta, nella forma di un caso importante che porti soldi e fama. Jimmy McGill non è ancora l'avvocato sfrontato e spaccone degli spot in tv, con le mani in pasta dappertutto ma un poveraccio che ha l'ufficio nel retro di un salone di bellezza asiatico.

E' un perdente che ha vissuto di espedienti, che ha perso le grandi occasioni e che dovrà scegliere se attraversare la linea e diventare qualcun altro, se seguire la propria coscienza o venire a patti col diavolo.



Fin dall'inizio, e vedremo più avanti, è chiaro che gli autori fanno muovere il personaggio sul filo: noi sappiamo chi diventerà ma come? E' un personaggio che ha una sua etica ma è in qualche modo sempre un mediocre disposto a vivere in un area grigia dove si incontreranno il personaggio Saul Goodman e l'uomo James McGill.

Per tante cose si è ancora nell'universo di Breaking Bad; ci sono il New Mexico e il deserto; c'è la regia che alterna grandi panoramiche a inquadrature laterali che mettono in evidenza piccoli particolari; c'è il montaggio sincopato di alcune scene di BB; e c'è una scrittura di qualità superiore a quasi tutto quello che passa in tv.


Il personaggio interpretato da Bob Odenkirk acquista molta più profondità, non è una macchietta come tratti sembrava in BB e lo stesso Odenkirk sembra salito di livello come capacità recitative, o forse semplicemente nella serie madre veniva oscurato dalla bravura di Bryan Cranston.

Serie da vedere (tanto la prima stagione saranno solo 10 episodi), cercando di sforzarsi di vederla come qualcosa di separato da BB e comunque differente (nonostante la presenza di qualche vecchia conoscenza...). Magari più avanti le due serie si riuniranno in qualche modo (è pur sempre uno spin-off, no?) ma sono sicuro che gli autori sapranno farlo nel modo giusto.

E ricordate... in legal trouble?... Better Call Saul! [se habla espanol]


mercoledì 18 febbraio 2015

Non di sole piume vive l'uomo (e il cinema)

Andiamo subito diretti. Birdman (o l'imprevedibile virtù dell'ignoranza) è, a modesto e contestabilissimo avviso di chi scrive, un gran bel film.

Ora vediamo perché.

Due grandissimi attori, entrambi potenzialmente da Oscar
La trama la trovate un po' ovunque in giro (vi consiglio magari la guida del Post senza troppi spoiler) così come recensioni. In estrema sintesi è la storia di Riggan Thomson (Micheal Keaton, bravissimo), un attore famoso  per aver interpretato in tre film il supereroe Birdman, arrivato a fine carriera senza soldi e senza riconoscimenti e che cerca di ricostruirsi un'immagine mettendo in scena (autore, regista e attore protagonista) una pièce tratta da Di cosa parliamo quando parliamo d'amore di Raymond Carver. Qui si intrecciano varie storie legate agli altri personaggi: la figlia ex tossicodipendente (Emma Stone), la ex moglie e l'attuale compagna (co-protoganista femminile dello spettacolo); l'altra attrice femminile (Naomi Watts) e l'esuberante e talentuoso fidanzato, ingaggiato all'toultimo momento come coprotagonista (Edward Norton, torna a livelli altissimi come non capitava non so più da quanti anni dopo tanti film e parti di poco conto).

Quindi è la storia di una messa in scena teatrale dalle prove fino alla prima. E basta?

Beh, fondamentalmente sì ma non solo. Per districarci passiamo a un aspetto centrale del film di Inarritu: la resa filmica. La storia non può essere svincolata dalla regia e dal montaggio; le scelte di Inarritu fanno parte della narrazione stessa perché il film si basa molto sul suo impatto estetico più che sulla storia.

E' un lungo, lunghissimo piano sequenza (ottenuto con qualche trucco cinematografico di notevole fattura tecnica). La camera si muove di continuo dietro, davanti, di fianco a Micheal Keaton e agli altri attori ma non solo; l'effetto piano sequenza prosegue in strada, in cielo, nelle transizioni da giorno a notte.

Forse la scena più memorabile del film
La maggior parte del film si svolge in interni, fra i camerini, le quinte e il palco del teatro dove sarà messo in scena lo spettacolo; l'azione, apparentemente assente nella vicenda (è un film molto parlato, in cui vengono messe in scena delle relazioni), sta tutta nella camera in continuo movimento.

Torniamo alla storia. Altro personaggio del film è Birdman stesso, che viene rappresentato come l'alter ego di Riggan; tanto Riggan vuole ricostruirsi un'immagine basata sul prestigio e sul riconoscimento come attore tanto Birdman spinge per farlo tornare al cinema commerciale dei grandi incassi e della popolarità (una delle battute più efficaci, pronunciate da Edward Norton, l'attore di teatro, recita: La popolarità è la cugina zoccola del prestigio).

Anche Emma Stone è belliss... ops, bravissima
Il film è quindi giocato sul dualismo interno a Riggan e ai suoi deliri di onnipotenza (lui, in fondo è Birdman! Può spostare gli oggetti e può volare se lo vuole!) e sull'oscillazione fra realismo (il rapporto con la figlia; le idiosincrasie del personaggio di Ed Norton e la sua incapacità di essere vero anche nella vita e non soltanto sul palcoscenico) e fantastico (Riggan può davvero volare o è un parto della sua mente?).

Elementi realistici e fantastici alla fine sembrano riunirsi ma uscendo dal cinema non si potrà fare a meno di chiedersi se, come e quando. Ma il film lascia fondamentalmente irrisolte tutte le domande, sia quelle meta-cinematografiche (non mi viene in mente un'espressione migliore per quello che intendo) sia quelle proprie interne alla storia e forse questo potrà essere ciò che ad alcuni farà storcere la bocca.

Personalmente amo questo tipo di storie, frutto di una sensibilità post-moderna, in cui le cose non sono tutte lineari e chiare e richiedono di soffermarsi più sul contesto e sulle relazioni. Più che raccontare una storia, il film stesso è una storia rendendo difficile separare, nel giudizio, il contenuto dalla forma.