Moebius

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mercoledì 14 marzo 2012

Chi ha paura del libro cattivo?

Sul Post (all'interno della rubrica curata dalla Scuola Holden) si discute sui libri che vale la pena leggere, se sia giusto o no leggerne alcuni piuttosto di altri, su come si forma il gusto e su chi può dire se un libro o un autore meritino attenzione oppure no.

La polemica è sfiziosa, e vecchia come il mondo (come i libri). Mi sono espresso sulla questione con un commento sul Post stesso che, anche probabilmente importerà solo a me,  riporto qui (il riferimento iniziale è alla citazione di Citati che si fa nel post):

Sostenere che piuttosto che leggere certi libri è meglio non leggere è spaventoso, oltre che estremamente snob (anche se Citati non lo ammetterà mai). Rivela l’idea che tanto chi legge “certi libri” non potrà mai capire la “vera” letteratura, non potrà mai crescere come lettore e formarsi un proprio gusto personale.
Non mi piacciono Faletti e molti altri autori di best-seller però a modo mio leggo anche cose che altri potrebbero giudicare “basse”. E’ sbagliato fare liste di proscrizione per i libri: è giusto che un ragazzo inizi leggendo ciò che più gli piace e lo diverte, poi la grande letteratura arriverà. Ci sono comunque cose interessanti anche in tanta letteratura di genere o “popolare”.
Insomma, non c’è solo il “canone” ma tante sfumature di gusto e di contenuto; anche la definizione di “artistico” in epoca contemporanea lascia il tempo che trova. Ci sono tanti scrittori sopravvalutati ma direi che si può lasciare a ognuno il diritto di dare i propri giudizi e di scegliere ciò che più gli aggrada.
In Italia si leggono già pochi libri: se un ragazzino si appassiona alla lettura con Harry Potter, ben venga. Io da adolescente leggevo solo Tolkien e Stephen King (che, nelle sue opere migliori, è comunque un grande narratore), da adulto spazio dai classici alla letteratura post-moderna, passando per tanta letteratura di genere. Quello che conta davvero è la capacità di contestualizzare un testo, coglierne il senso (o i sensi) con capacità critiche, trarne quello che di buono ha, indipendentemente da un puro giudizio “artistico” che raramente potrà essere oggettivo.
Rispetto a quanto scritto sul Post, aggiungo solo che si può parlare di oggettività solo dopo aver definito alcuni paletti, che determineranno il modo in cui guardare a un libro piuttosto che a un altro, visto che si parla di come consigliarne (e io sono uno che cerca sempre di spingere i libri che ama).

Un'altra questione, che meriterebbe ben altro approfondimento, è se oggi, almeno in Italia, si scrivano libri migliori o peggiori di una volta. Io, che sono relativista in tutto, penso che si scrivano soprattutto libri diversi. Basta che qualcosa ogni tanto la leggiate. Io non sono Citati.

venerdì 2 marzo 2012

I 15 migliori Dick

Se lo ha fatto Jonathan Lethem, qui, di indicare quelli che per lui sono i migliori libri di PKD, allora mi cimento anche io, che di romanzi di Dick ne ho letti quasi quanto Lethem (anche se non 3 o 4 volte). Non riesco a fare una classifica, li elenco quindi in ordine sparso.

  • Ma gli androidi sognano pecore elettriche?: ok, mi smentisco subito: questo sta in testa e basta, è la cosa - letterariamente parlando - più alta che Dick abbia scritto; se non lo avete letto non fatevi ingannare dall'aver visto Blade Runner, vi stupirà la quantità di idee che nel film non sono proprio presenti. E non chiamatelo Cacciatore di androidi o Blade Runner;
  • Ubik: il più conosciuto e il più letto; molte cose che vi sono sembrate davvero fighe in film come Il sesto senso, Matrix, Vanilla Sky, Apri gli occhi ecc. ecc. vengono da qua;
  • Le tre stimmate di Palmer Eldritch: una delle più grandi allucinazioni della letteratura mondiale;
  • Noi marziani: assolutamente commovente;
  • L'uomo nell'alto castello: lo conoscerete già come La svastica sul sole ma... vabbè avete capito; uno dei romanzi più ricchi di Dick, filosoficamente e psicologicamente; lo conoscono tutti come un libro di storia alternativa ma è molto molto di più.
  • Un oscuro scrutare: il libro più cupo di PKD, in cui racconta l'abisso della droga e lo sdoppiarsi della vita e della personalità di una persona;
  • Labirinto di morte;
  • Scorrete lacrime disse il poliziotto: forse il più intenso emotivamente, insieme a A scanner darkly;
  • Cronache del dopobomba: una delle sue opere più riuscite, una distopia ricca di personaggi dall'enorme umanità;
  • Tempo fuor di sesto: avete presente The Truman Show? Ecco, Dick era arrivato qualche decennio prima;
  • I simulacri: un romanzo corale sul potere, sulla manipolazione e sul fallimento individuale;
  • Lotteria dello spazio: il primo romanzo pubblicato da Dick, nel quale i governanti del mondo vengono decisi con un gioco, già geniale;
  • Confessioni di un artista di merda: il suo capolavoro mainstream;
  • Valis: il mio preferito di tutta la trilogia scritta dopo i fatti del febbraio-marzo 1974; qui PKD ha svelato al mondo cosa aveva davvero nella testa: non uno dei più godibili, piacerà soprattutto ai fan accaniti e ai lettori desiderosi di entrare nella visione dickiana delle cose;
  • Occhio nel cielo: forse in assoluto non è uno dei migliori ma sono legato a questo libro perché l'ho letto in un momento particolare della mia vita.
E questi, solo per rimanere ai romanzi. Giusto per citare qualche racconto, recuperate almeno La formica elettrica, Rapporto di minoranza (altra cosa rispetto al film di Spielberg), Impostore, Ricordiamo per voi, I giorni di Perky Pat.

16 dicembre 1928 - 2 marzo 1982

Sono passati trenta anni esatti da che uno degli scrittori più importanti e (nonostante la moda degli ultimi anni) misconosciuti della seconda metà del '900 venisse catturato dal raggio rosa di Valis per ritrovarsi nuovamente in compagnia di Horselover Fat.
Dick è stato (è), forse lo scrittore di fantascienza più famoso di sempre, quello che ormai tutti leggono, anche gli snob che ancora fanno finta di non capire che la fantascienza sia una cosa seria. Usare però l'etichetta di science-fiction writer può risultare limitante, perché Dick è stato prima di tutto un grandissimo scrittore tout court e pensatore. Magari non tutti i suoi libri sono dei capolavori, alcuni però rientrano in quanto di meglio abbia prodotto la letteratura americana negli ultimi 50-60 anni.
Amo Dick (ormai da almeno 12 anni: il primo romanzo che lessi era La penultima verità, uno dei meno conosciuti; poi vennero tutti gli altri, quasi tutti ormai) perché mi ha mostrato che non bisogna mai essere certi di niente, neanche di quello che ci troviamo davanti agli occhi. In Dick ho ritrovato inquietudini e dubbi che sentivo dentro di me; non che io pensi, come Phil dal 1974 in poi , che viviamo in realtà nell’antica Roma e che il secolo dai noi abitato sia un realtà un’illusione ma il suo interrogarsi sul mondo credo sia molto comune.
Era ossessionato dalla realtà – quella cosa che, quando smetti di crederci, non sparisce scrisse in Valis – ma non perché fosse schizofrenico o fosse sempre sotto l’effetto dell’LSD (ne girano di leggende). Pur autodidatta (e forse proprio perché autodidatta) in ambito filosofico, ha esplorato con dedizione per tutta la sua vita la realtà noumenica sottostante a quella fenomenica. E, sicuramente, se ne sarà andato senza aver trovato una risposta definitiva.

giovedì 1 marzo 2012

Percezioni reali per oggetti impossibili

Phlegm, Sheffield

A volte lungo il percorso attraverso l'immaginario si seguono percorsi particolari e ci si imbatte in curiose coincidenze. Leggevo, giusto l'altra mattina, di illusioni e figure impossibili*; di come la realtà fisica ci possa apparire in modo in modo differente da come realmente è; di come i meccanismi della percezione possano farci sembrare come perfettamente plausibili cose del tutto inesistenti.


Triangolo di Reutersvärd

Uno dei più famosi oggetti impossibili è il cosiddetto triangolo di Penrose, creato per la prima volta dall'artista svedese Oscar Reutersvärd nel 1934 e reso celebre successivamente dal matematico Roger Penrose. Il triangolo impossibile, quindi, è una figura che può esistere solo bidimensionalmente e che soltanto un'illusione ottica rende plausibile per il nostro cervello, come nell'immagine di fianco.
 E proprio dopo aver letto di queste illusioni mi sono imbattuto nell'opera che apre questo post, realizzata dallo street artist Phlegm a Sheffield. 
Ma si tratta solamente di uno dei tanti esempi di triangolo impossibile nelle arti figurative, a cominciare da Escher.  


Escher - Relatività

Escher - Cascata

Anche se la teorizzazione del triangolo impossibile è relativamente recente, in pittura è possibile trovare anche esempi precedenti, come in Bruegel.

Pieter Bruegel - La gazza sulla forca

*Piergiorgio Odifreddi, C'era una volta un paradosso, gradevole testo di divulgazione che spazia dalle illusioni percettive fino ai paradossi della filosofia e della matematica.