Moebius

Moebius

venerdì 26 gennaio 2007

Comunicazioni urgenti

Giusto prima di uscire di casa, stanco morto, assonnato, con la voglia di non fare un cazzo e restare a casa, ho letto la mail che mi comunica una data importante, il tempo stringe. Incrocio le dita. 

martedì 23 gennaio 2007

Dalle 8 alle 21

Da ieri ho avviato nuove routine, fuori di casa dalla mattina alle 8, prima lezione di inglese, poi al lavoro, e ritorno a casa solo alle 21. Sono stanco, spero che questa faticaccia serva a qualcosa, in vista del grande obiettivo che mi pongo in questo 2007.


Così giro tutto il giorno, lettore MP3 nelle orecchie, e cerco di muovermi e muovermi e muovermi... Mi muovo fisicamente, cerco di far muovere quelle parti del cervello arruginite, che hanno bisogno di olio, porto avanti le mie riflessioni, e cerco di guardare il più avanti possibile, dopo parecchio tempo. Avrei i compiti da fare ma mi sa che pure stasera mi riposo, mentre ho messo il pc a scaricare; forse mi guardo il bell'albo di Frank Miller che mi sono comprato oggi, "Sin City Una donna per cui uccidere", opure continuo a sbirciare la Gialappa's, a cui sono affezionato, o ancora mi guardo "Ghost in the shell" che mi sono scaricato giorni fa.

sabato 20 gennaio 2007

Ho visto un raggio rosa?

In questo periodo in cui non mi va di scrivere pi di tanto e soprattutto non mi va di riempire il web con le mie riflessioni sui massimi sistemi. Mi va però di raccontare un sogno.

Nel sogno io ero Philip K. Dick e allo stesso tempo Stefano: sapevo di non essere PKD e ma allo stesso tempo ero PKD. Come posso spiegarvelo? Contemporaneamente, nel sogno, parlavo di Dick e spiegavo la sua visione del mondo e della realtà e dell'irrealtà del divino (come come credo di averla capita da un capolavoro come Valis) e sentivo una personalità diversa, un uomo con un folto barbone, che parlava attraverso me: ero diventato il profeta di Dick!

Sarò diventato matto? Inizio ad avere scissioni dipolari della personalità come Dick, o almeno del Dick di Valis? Dick mi parla e io diffondo il suo pensiero? Forse, più banalmente, la stessa sera prima di addormentarmi ho terminato il primo romanzo della Trilogia di Valis, letto per la seconda volta e stavolta posso dire di averlo capito: ammetto che qualche anno fa non ero in grado di stare dietro alle riflessioni filosofiche e teologiche di Dick, ma ora che ho letto quasi tutto di PKD queste stesse riflessioni fanno parte di un quadro più grande e a suo modo coerente.

Valis racconta l'esperienza mistica di Horselover Fat (l'alter ego di Dick già dal nome: Philip etimologicamente significa amante dei cavalli, Dick in tedesco vuol dire grasso) che nel 1974 vide un raggio rosa entrargli nel cervello e gli trasmise informazioni sulla natura del mondo, del rapporto fra reale e irreale, della sostanza irreale del reale, e soprattutto su chi o cosa sia Dio e sull'arrivo del Salvatore. Inutile dire che fu Dick a raccontare di avere avuto questa esperienza, e fu lui ad essere ricoverato davvero in ospedale psichiatrico, non Horselover Fat.

Allora PKD racconta le vicende di Horselover, la sua ossessiva ricerca della verità che sta dietro al mondo, le sue letture degli gnostici e delle filosofie orientali, il tuffarsi nella scrittura della sua esegesi. E nel raccontare le vicende di Horselover Dick oscilla dalla terza persona alla prima, fino ad arrivare a svelarsi come il narratore, Philip scrittore di fantascienza, e infine a comprendere lui, dopo il lettore, che Horselover non era altro che una sua proiezione.

Questa dualità di Dick, non solo nel romanzo ma in qualche modo anche nella vita, lui che da una parte pensava sul serio, alla maniera degli gnostici, che il mondo sia una proiezione irreale, virtuale potremmo dire oggi, di una qualche entità che si finge Dio ma che potrebbe essere anche solo una struttura artificiale, magari realizzata da una civiltà più avanti della nostra, e nell'arrivo del nuovo Messia, e dall'altra parte si guardava e si definiva pazzo.

Valis è un libro per entrare nella mente di Dick, come recita il sottotitolo di una biografia pubblicata da poco che mi aspetta sullo scaffale, per conoscere la sua visione della realtà come un'entità duale, come un velo irreale artificiale che ricopre una realtà per noi insondabile, in cui il tempo si tramuta in spazio.

lunedì 15 gennaio 2007

Reale e non reale

«Se solo riuscissero a raggiungere il tempo del sogno!» gridò Kevin. «Quello è l’unico tempo vero; tutti gli eventi veri accadono nel tempo del sogno! Le azioni degli dèi!»

Sotto ogni altra cosa, perfino sotto la morte stessa e la volontà di morte, è nascosto qualcos’altro, e questo qualcosa è il nulla. Il basamento di roccia della realtà è l’irrealtà; l’universo è irrazionale perché è costruito non semplicemente sulle sabbie mobili, ma su ciò che non è.

Una volta, mentre tenevo una conferenza all’università di California, a Fullerton, uno studente mi chiese una definizione breve e semplice di ‘realtà’. Io ci pensai su e risposi: «La realtà è quello che quando uno smette di crederci non sparisce.»

Philip K. Dick – Valis

giovedì 11 gennaio 2007

Passato e futuro

«Una delle più grandi benedizioni di Dio è che ci tiene perennemente nascosto il futuro. […]
E Horselover Fat proseguì nella sua lunga, insidiosa discesa nel dolore e nella malattia, in quel tipo di caos che gli astrofisici dicono attenda l’intero universo. Fat era avanti al suo tempo, avanti all’universo. Alla fine si dimenticò quale evento avesse dato inizio alla discesa nell’entropia; Dio, misericordiosamente, ci nasconde il passato, oltre al futuro.»

Philip K. Dick – Valis

mercoledì 3 gennaio 2007

La sottile linea scura

Mentre guardo Will Hunting su Rai Tre, e provo a scaricare qualcosa con eMule (per la precisione la colonna sonora di The blues brothers) per provare la mia nuova connessione ADSL con router wireless (è favoloso potersi connettere anche dal bagno), butto giù qualche riga su una fantastica lettura degli ultimi tre giorni.


E' bastato finalmente terminare Infinite Jest (romanzo stupendo di cui ho già parlato qualche settimana fa ma che ha richiesto fin troppo impegno da parte del sottoscritto) per partire in quarta a leggere altro. Mi sono immerso nell'ennesimo romanzo di Joe R. Lansdale (e non mi stancherò mai di ricordare di averlo incontrato, di averci fatto una foto insieme e di essermi fatto autografare un sacco di libri), tra l'altro uno dei più recenti e dei più belli. L'ho divorato in tre giorni, mi è bastato mettirmici due sere e stamattina l'ho finito: inutile dire che lo consiglio.


Si tratta di La sottile linea scura; i romanzi e i racconti di Lansdale (ripeto per l'ennesima volta che si tratta di un maestro nel passare da un genere all'altro) si possono classificare in un macrogenere che raccoglie horror, splatter, pulp eccetera, oppure in storie di azione con toni noir e/o da black-comedy (o anche entrambi i macrogeneri insieme), oppure ancora (ed è il caso di questo libro di cui vi parlo e di altri come il bellissimo In fondo alla palude o il recentissimo Echi perduti) storie-di-ragazzini-o-adolescenti-che-scoprono-la-vita-e-vivono - esperienze-che-li-fanno-crescere-e-maturare-in-pochissimo-tempo.


La sottile linea scura del titolo è quella soglia immaginaria che separa il mondo dell'infanzia e dei sogni innocenti di un bambino dal mondo degli adulti, è quella soglia che divide il mondo devi vivi da quello dei morti, è un limite fra il bene e il male. Stanley Mitchell, tredicenne di una cittadina del Texas Orientale, vive nel 1958 la più bella estate della sua vita, tre mesi in cui conoscerà più cose di quante ne aveva mai apprese in tutta la sua vita. Bighellonando col fido cane Nub Stan scopre uno strano cofanetto, contenente lettere d'amore di tanto tempo prima. Da quel momento Stanley, spinto dalla curiosità, cerca di indagare su quelle lettere, sul segreto che nascondono, e scoprirà la cattiveria ed il dolore che possono celarsi dietro ogni esistenza umana.


Come sempre Lansdale costruisce un romanzo dallo stile veloce, che chiede solo di essere letto col massimo del piacere e dell'empatia con i personaggi; JRL racconta di un mondo che non c'è più fatto di nostalgia, diverso ma non necessariamente migliore di quello di oggi: la morte raggiunge gli uomini ovunque e in ogni epoca, e i mostri ci sono sempre, nascosti da qualche parte dentro le persone. Leggendo La sottile linea scura si osserva da dentro il razzismo imperante nel sud degli Stati Uniti a quell'epoca ma anche l'inizio di un clima diverso per i diritti civili; si osserva una vita in qualche modo ancora immersa nella natura; si seguono le avventure di personaggi che Lansdale fa inevitabilmente amare: oltre Stan, sua sorella Callie ed il padre Stanley Sr.; poi la domestica di colore e il vecchio proiezionista Buster; senza dimenticare il coraggiosissimo cane Nub. In fondo è la stessa ricetta di un ottimo libro come In fondo alla palude, ed infatti li metto entrambi allo stesso livello.


Infine, non manca quello che è secondo me il tocco distintivo di Lansdale: dialoghi serrati, divertenti e scritti benissimo; uno stile asciutto, popolare nel senso migliore del termine, ma capace di creare suspence; un finale ricco di azione e di emozione, che coinvolge e che commuove.


Un libro che non mi stancherò facilmente di consigliare, e chi passa spesso di qua sa quanto riesco ad essere mono-maniaco con ciò che mi piace.

martedì 2 gennaio 2007

Buoni propositi

Ok, siamo nel 2007, e allora? E' cambiato qualcosa? Tutti più felici per i 12 mesi che stanno per arrivare? Che bello, godetevi questi momenti in cui vi ripromettete di andare in palestra, di mangiare di meno, di essere più gentili con la vicina, di portare più spesso i ragazzini al parco giochi (se avete figli, io no), di studiare di più (se siete studenti), di fare il turista spaziale (se siete miliardari), di giocare in serie A (se siete calciatori), perché poi puntualmente dovrete pentirvi per non esserci riusciti!


Insomma, mica ve la tiro, è che sono realista. Da parte mia io pure ho qualche buon proposito da rispettare, speriamo bene.


Intanto, buon anno a tutti quelli che girano da queste parti.