Moebius

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sabato 20 gennaio 2007

Ho visto un raggio rosa?

In questo periodo in cui non mi va di scrivere pi di tanto e soprattutto non mi va di riempire il web con le mie riflessioni sui massimi sistemi. Mi va però di raccontare un sogno.

Nel sogno io ero Philip K. Dick e allo stesso tempo Stefano: sapevo di non essere PKD e ma allo stesso tempo ero PKD. Come posso spiegarvelo? Contemporaneamente, nel sogno, parlavo di Dick e spiegavo la sua visione del mondo e della realtà e dell'irrealtà del divino (come come credo di averla capita da un capolavoro come Valis) e sentivo una personalità diversa, un uomo con un folto barbone, che parlava attraverso me: ero diventato il profeta di Dick!

Sarò diventato matto? Inizio ad avere scissioni dipolari della personalità come Dick, o almeno del Dick di Valis? Dick mi parla e io diffondo il suo pensiero? Forse, più banalmente, la stessa sera prima di addormentarmi ho terminato il primo romanzo della Trilogia di Valis, letto per la seconda volta e stavolta posso dire di averlo capito: ammetto che qualche anno fa non ero in grado di stare dietro alle riflessioni filosofiche e teologiche di Dick, ma ora che ho letto quasi tutto di PKD queste stesse riflessioni fanno parte di un quadro più grande e a suo modo coerente.

Valis racconta l'esperienza mistica di Horselover Fat (l'alter ego di Dick già dal nome: Philip etimologicamente significa amante dei cavalli, Dick in tedesco vuol dire grasso) che nel 1974 vide un raggio rosa entrargli nel cervello e gli trasmise informazioni sulla natura del mondo, del rapporto fra reale e irreale, della sostanza irreale del reale, e soprattutto su chi o cosa sia Dio e sull'arrivo del Salvatore. Inutile dire che fu Dick a raccontare di avere avuto questa esperienza, e fu lui ad essere ricoverato davvero in ospedale psichiatrico, non Horselover Fat.

Allora PKD racconta le vicende di Horselover, la sua ossessiva ricerca della verità che sta dietro al mondo, le sue letture degli gnostici e delle filosofie orientali, il tuffarsi nella scrittura della sua esegesi. E nel raccontare le vicende di Horselover Dick oscilla dalla terza persona alla prima, fino ad arrivare a svelarsi come il narratore, Philip scrittore di fantascienza, e infine a comprendere lui, dopo il lettore, che Horselover non era altro che una sua proiezione.

Questa dualità di Dick, non solo nel romanzo ma in qualche modo anche nella vita, lui che da una parte pensava sul serio, alla maniera degli gnostici, che il mondo sia una proiezione irreale, virtuale potremmo dire oggi, di una qualche entità che si finge Dio ma che potrebbe essere anche solo una struttura artificiale, magari realizzata da una civiltà più avanti della nostra, e nell'arrivo del nuovo Messia, e dall'altra parte si guardava e si definiva pazzo.

Valis è un libro per entrare nella mente di Dick, come recita il sottotitolo di una biografia pubblicata da poco che mi aspetta sullo scaffale, per conoscere la sua visione della realtà come un'entità duale, come un velo irreale artificiale che ricopre una realtà per noi insondabile, in cui il tempo si tramuta in spazio.

4 commenti:

  1. Occhio a non entrarci troppo nella mente di Phil... c'è chi ha avuto seri problemi (oltre lui stesso, ovviamente).
    Btw, ho letto anch'io più di 3/4 di quello che ha scritto, ma preferisco i lavori dei primi anni '60, anche i romanzi mainstream (tipo "L'uomo dai denti tutti uguali"), e, ovviamente, "Un oscuro scrutare"(!).

    P.s.: sono capitato per caso sul tuo blog, ora non ho tempo, ma ripasserò a spulciarlo con calma. Ciao

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  2. beh pierfranco, se per romanzi dei primi anni 60 intendi ubik, noi marziani, ma gli androidi... (che mi sa sarà del 68 o giù di lì), o i simulacri o tanti altri ancora certo, sono notoriamente i libri migliori di dick. mi fa sempre piacere trovare qualche altro appassionato di dick!

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  3. Intendo "Noi Marziani", "The Man in the High Castle" (scusami ma l'orribile titolo italiano non riesco nemmeno a scriverlo), "I giocatori di Titano", "Le Tre Stigmate di Palmer Eldritch", "Dr. Bloodmoney"...
    Degli anni '50 è folgorante "Il mondo di Jones", ma anche "La città sostituita", "L'Occhio nel Cielo", "Time outo fo joint" mi hanno lasciato dei bei ricordi.
    Considera che buona parte di questi libri li ho letti vent'anni fa, ben prima del "Revival" attuale (assolutamente meritato, peraltro), e che ho delle cose ancora da "consumare" ma che mi centellino con parsimonia, come il buon vino. :-)

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  4. Io continuo ad avere la sensazione di non aver capito Dick fino in fondo.
    L'uomo nell'alto castello, per esempio, è un libro che parte per una impossibile tangente e ammicca sulle possibilità di un ipotetico futuro, tracciando un negativo del presente. E' bello, ma una volta finito non mi sono rimasto "pieno", ma mezzo vuoto.
    E tutto il resto dei libri meno votati al plot hanno un buco che io non sono mai riuscito a riempire, ad arginare e analizzare pienamente.
    Forse questo è il suo fascino.

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