Moebius

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mercoledì 9 novembre 2005

Frank Miller's Sin City

Quando mesi fa vidi Sin City al cinema, vi dissi di come fossi rimasto affascinato dalle atmosfere di quel film, nonché dallo stesso fumetto che avevo appena scoperto. Dipenderà dai gusti, certo, ma la forza di quel film e dei fumetti di Frank Miller, che sto leggendo con piacere, risiede intanto in scelte stilistiche specifiche che rendono l'immaginario di Sin City ben delineato e riconoscibile. Il film di Robert Rodriguez costituisce la messa in scena dei sogni e delle immaginazioni di Frank Miller, le cui tavole vengono riprodotte sullo schermo scena per scena, e risulta secondo me la giusta sintesi fra due medium diversi ma allo stesso tempo profondamente simili, come il cinema ed il fumetto, per la loro capacità di creare l'immersione del lettore (in senso semiotico) nelle vicende, e di guidarlo su percorsi di interpretazione che richiamano la conoscenza del genere e degli elementi tipici di immaginario che costituiscono la base di ogni opera ben riuscita, attraverso il meccanismo della sospensione dell'incredulità.

Al di là del film, che ho adorato, è bene parlare del Sin City originale, quello scritto, disegnato ed inchiostrato da Frank Miller. La forza delle storie, che non hanno un centro, che non hanno un protagonista, risiede nel suo tuffare il lettore in due grandi aspetti dell'immaginario (e scusate se insisto tanto su questo punto, ma nel mio blog è la chiave di lettura obbligata): il genere noir, come meta-genere che ne riassume tanti e che funziona spesso da sotto-genere (per esempio come non riconoscere i toni noir in un film come "Blade Runner"?), e la metropoli, e tutte le sue seduzioni ed alienazioni, nel rapporto fra individuo e massa, fra merce e arte, fra consumo e spettacolo e delle merci.
Miller con Sin City compie una operazione di questo genere: lavora e plasma la materia dell'immaginario per ottenere un effetto narrativo accattivante, seducente, per tenere incollato il lettore alle sue tavole, ma opera anche nella direzione di descrivere un mondo aberrante, dove non ci sono buoni, dove ci sono solo interessi, dove la legge e l'etica prendono direzioni diverse dalle consuete. La Citta del Peccato (ma in realtà il nome della città è Basin City) è un concentrato di illegalità, di corruzione, di spersonalizzazione dell'individuo, del tutto assorbito all'interno degli ingranaggi che regolano la vita di Sin City, dei suoi valori e dei suoi codici di comportamento.

E non è un caso che non ci sia un protagonista della serie (sviluppata in 7 albi) ma che al centro di tutto ci sia la città stessa, con i suoi quartieri, in cui si esercita di volta in volta un potere diverso: da una parte i poliziotti, (non i buoni) che lavorano spesso per i potenti della città, dall'altra la malavita e, ancora, nella splendida Città Vecchia (splendida per le sue splendide abitanti), dove governano le ragazze, le prostitute ammalianti e seducenti, in grado di portarti in paradiso se rispetti le loro regole, e hai soldi per pagare, ma che potrebbero strapparti la pelle (ho scritto pelle, eh...) se non righi dritto.





Per spiegare la forza di questo fumetto ricorro alle parole di chi certi concetti li ha già espressi bene, nell'introduzione ad Affari di famiglia, e che ha rafforzato in me l'amore per le spede laser: "Riflettere sulla tradizione del noir e sulle sue forme ci permette di entrare nel cuore dei meccanismi narrativi di Sin City, affascinanti ma tutt'altro che semplici, specchio deformante ma non menzognero dei rapporti sociali e della stessa sostanza del potere. Miller disgrega definitivamente quella tradizione e ne utilizza le rovine semiotiche come materiale di costruzione per le sue avventure disperate e mortali, in cui crimine e peccato che impattano sul corpo individuale sono metafore della malattia più profonda che investe il corpo sociale".
Miller recupera tutta la tradizione del genere noir, a fumetti ma non solo, e rielabora immagini e personaggi tipici (il detective, il giustiziere solitario, la femme fatale...) fino a creare qualcosa di assolutamente nuovo, che coniuga un immaginario tipico sviluppato negli anni 40-50 con la sensibilità moderna e l'immaginario degli ultimi dieci anni, in cui sangue, sesso e violenza diventano, appunto, metafore di qualcos'altro, arrivando anche al pulp, se questa parola vuol dire qualcosa.

Le storie di Dwight, di Gail, della ninja-prostituta Miho, di Becky, che deve sempre telefonare alla mamma (Affari di famiglia, Un'abbuffata di morte), o di Wallace ed Esther (All'inferno e ritorno: favoloso), o ancora di Marv e Goldie (... senza titolo, solo Sin City, è il primo volume), mi hanno preso nella rete, anche per lo stile assolutamente peculiare ed originale di Miller, che con il b/n, con i chiaroscuri, lavora creando delle tavole belle da morire, che generano un effetto di iperrealtà, fino a diventare surreali (e perfino psichedeliche, come nella chicca che rappresentano alcune tavole interamente a colori di "All'inferno e ritorno"). La forza delle tavole di Miller sta anche in un montaggio che è tipicamente cinematografico, rendendo del tutto naturale il sincretismo fra i due medium (così ben realizzato nel film), sviluppandosi con inquadrature che trovano angolazioni in cui l'influsso della tradizione delle immagini in movimento è a dir poco evidente.

So di aver scritto molto, e chissà quanti hanno preferito non leggere così tante parole, ma dovevo dedicarmi ampiamente a questo post, era un debito che sentivo verso il piacere provato a sfogliare questi fumetti, su cui è bello ritornare, ogni tanto.



|Fumetti USA (Dark Horse) - Sin City (v.7): All'inferno e ritorno|       |Fumetti USA (Dark Horse) - Sin City (v.3): Un'abbuffata di morte (rist)|


|Fumetti USA (Dark Horse) - Sin City (v.5): Affari di famiglia|


3 commenti:

  1. farò come Gab, stampo e leggo poi con calma ;)

    miao!

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  2. ok, lo so che è lungo, e per fortuna che mi sono tenuto stretto...

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  3. Gran fumetto Sin City... e il film è riuscito a creare le stesse atmosfere grottesche e deviate...

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