Moebius

Moebius

sabato 12 agosto 2006

Vacanze!

Vabbè, io vado in vacanza, finalmente. Ho finito di lavorare, dopo quasi un anno di fatica: se ne riparla a settembre, e chissà che non ricominci a postare un po' più frequentemente, magari con qualche avventura mirabolante da raccontare...


Ciao a tutti, ci si vede fra un paio di settimane!


ps: avrei una bella lista di libri da recensire, ma mi sa che ormai ho perso il treno. Comunque, chi vuole, può provare a dare un'occhiata a Nel nome di Ishmael di Giuseppe Genna, a Antracite di Valerio Evangelisti, a Noi marziani di Philip K. Dick. E ho una lista lunga così di libri fra cui scegliere cosa portare in vacanza...

lunedì 31 luglio 2006

Aiutiamo il Manifesto

Eccomi qua, dopo tanto tempo, per una iniziativa importante a cui mi sento di aderire e invitare altri a fare altrettanto.


Come forse saprete Il manifesto è in difficoltà e rischia di chiudere, essendo il giornale una vera cooperativa editoriale e non avendo un editore alle spalle. Da qualche settimana la redazione del Manifesto ha lanciato una sottoscrizione per trovare i mezzi per sopravvivere, almeno fino alla prossima emergenza. Chiunque volesse fare un versamento su c/c postale, bancario o con carta di credito trova le coordinate sul sito del giornale.


Personalmente non sono un lettore abituale del Manifesto, di solito lo sbircio in biblioteca o lo scrocco, però di fronte al rischio questa voce non possa più urlare la propria indignazione per quello che non va in questo cazzo di mondo mi sento in dovere di dare il mio piccolo (piccolissimo) contributo in nome della libertà di stampa, senza padroni se non gli ideali e la passione. Stamattina i miei pochi euro li ho versati, speriamo che in molti altri seguano l'esempio dei moltissimi che già lo hanno fatto.

giovedì 15 giugno 2006

Il senso della vita lo trovate su Titano

"L'umanità ignara delle verità che sono chiuse dentro ogni essere umano, guardava fuori, esercitava la sua pressione sempre verso l'esterno. Ciò che l'umanitò sperava di imparare nella sua spinta verso l'esterno era chi fosse veramente responsabile di tutta la creazione, e quale senso avesse tutto il creato".

Kurt Vonnegut come sempre si distingue per lo stile assolutamente libero ed ironico, ed anche con Le sirene di Titano non si smentisce, raccontando come fosse l'umanità prima che dopo aver esplorato tutto l'esplorabile capisse che il senso della vita fosse da trovare nell'interiorità. Però questa umanità, o almeno alcuni suoi rappresentanti, qualcosa alla fine lo aveva capito, e questo racconta il romanzo di Vonnegut.

I personaggi di questo romanzo del 1959 (il suo secondo) sono Winston Niles Rumfoord, miliardario eccentrico che in un viaggio verso Marte finisce in un infundibolo cronosinclastico, un luogo spiraliforme nello spazio che consente che ogni cosa sia ovunque nello stesso momento, e quindi lui stesso ed il suo mastino Kazak. Poi c'è il dissoluto miliardario Malachi Constant, così fortunato che lassù qualcuno lo ama, ma che ha un destino già scritto che lo porterà lontano, su Marte, su Mercurio e su Titano, alla ricerca delle sirene. Poi la moglie di Rumfoord, Beatrice, il tralfamadoriano (del pianeta Tralfamadore) Salo e qualche altro che non vale la pena citare.

Malachi Constant, Rumfoord e sua moglie sono legati dal destino (o da qualcun altro), vivono in una Terra dove si fa la guerra e si prega un Dio che si interessa di quello che accade. Poi, non sarà più così, si pregherà il "Dio del tutto indifferente". E anche le guerre saranno diverse, l'umanità sarà più fraterna. Dal momento della caduta di Rumfoord nell'infundibolo cronosinclastico si avviano delle reazioni a catena, per uno scopo specifico: lo scopo della vita sulla Terra. Perché tutto ha un senso e un significato, se ogni cosa "è" in qualsiasi momento ed in qualsiasi posto (concetto poi ripreso in Mattatoio n. 5).

Questo libro è un romanzo satirico, ed oggetto della bella satira di Vonnegut sono sempre gli stessi temi, quelli che successivamente svilupperà con maggiore maturità stilistica (assolutamente post-moderna in La colazione dei campioni): la guerra e le gerarchie militari, la religione in ogni sua forma, la società dei consumi. Leggere Le sirene di Titano è un modo divertente per cercare di capire alcune cose del nostro mondo, ed ovviamente che ci stiamo a fare noi sulla Terra (sicuri di volerlo sapere?).

venerdì 9 giugno 2006

Sciopero!

Buongiorno a tutti, cioè a me e pochi altri. Una settimana di lavoro finisce (prima stavolta perché domani mi sono preso un giorno di ferie), e chissà se ne inizia un'altra, sigh.


Sapete, sono giorni un po' incasinati: al lavoro siamo in sciopero (bianco) per rispondere ad una situazione ormai insostenibile. Per ora si è scelta una linea morbida che vuole essere di dialogo, insomma andare al lavoro, assicurare l'indispensabile e poi cazzeggiare tutto il tempo (tra l'altro ci sono posti di lavoro dove si cazzeggia comunque gran parte del tempo: mi sono sempre chiesto come fa certa gente a postare, leggere i blog altrui, chattare mentre teoricamente dovrebbe lavorare). Se le nostre richieste non verranno accettate, beh, sarà lotta dura.


Non so perché ma qualcosa mi fa pensare che debba iniziare seriamente a prendere in considerazione l'ipotesi di trovare un nuovo lavoro. Le situazioni di crisi sono quelle che ti danno una spinta (un calcio in culo più che altro) a metterti d'impegno a cercare altro. La contingenza pratica, il fabbisogno quotidiano (stipendio per dirla in altro modo) non è la sola motivazione. Mi sono laureato un anno fa e poco più, non ho alcun profilo professionale definito ed è ora che me lo crei. Dove ho lavorato in questi mesi sono stato bene, e ringrazio una cara amica che mi ha aiutato (e che vorrei aiutare anche io in qualche modo, invece di farla incazzare sempre), mi sostiene e mi da fiducia ogni giorno che vado in ufficio.


Insomma, è un momento un po' di cambiamento, o almeno di cambiamenti che vorrei. E nel lavoro finiscono per entrarci anche tante altre cose: è solo un aspetto. Un tassello da piazzare da qualche parte, per metterne altri 10 o 100. Intanto trovare un nuovo lavoro non è per niente facile: prima di buttarmi a capofitto su qualsiasi annuncio vorrei provare a fare esperienze utili per definire meglio le mie capacità e non abbandonare la strada che ho intrapreso con gli studi.


Nubi all'orizzonte, decisamente. Il fatto è che, come sempre, sono preda dell'incertezza dell'apatia: mi sveglierò mai?

lunedì 5 giugno 2006

Il giro del mondo post-millenario di Pepe Carvalho

"La sola pietà possibile per un secolo così fallito sarebbe la costruzione di un parco a tema con tutti gli eccessi di un falso centenario. Di fatto, il XX secolo era cominciato con la rivoluzione sovietica ed era finito con la scomparsa dell'Unione Sovietica per poi prosperare in una confusa installazione del rapporto spazio-tempo commercializzato con il marchio di 'Millennio'. Siamo ancora in pieno millennio, sconcertati per la mancanza di prodigi millenaristi, se si esclude la distruzione delle Torri Gemelle di New York. Rimangono sempre i padroni, i re e gli dei, anche se è del tutto scomparsa la capacità di mitizzazione che ci era rimasta."

Manuel Vàzquez Montalbàn - Millennio 1. Pepe Carvalho sulla via di Kabul


Al di là di queste riflessioni, che come è evidente spiegano perché Vàzquez Montalbàn abbia intitolato Millennio il suo ultimo romanzo (la seconda parte è stata pubblicata postuma), vi consiglio vivamente di leggere le avventure di Pepe Carvalho in giro per il mondo insieme al fidato Biscuter, che rivelerà doti e una personalità che al suo stesso datore di lavoro erano sfuggite in tanti anni. I due partono per fare il giro del mondo, inseguiti da una oscura setta massonica, con i nomi di Bouvard e Pecuchet (dal romanzo di Flaubert), con un itinerario fatto di luoghi della memoria e luoghi mitici, da costruire quasi giorno per giorno. Così Carvalho e Pecuchet arrivano in Italia, a Genova e a Roma (Montalbàn consiglia il ristorante Checchino dal 1887, da provare, dove i due protagonisti si imbattono in una riunione di Slow Food), poi a Paestum, e giù per la Grecia, la Turchi, il Medio Oriente, e incontri sempre più misteriosi e pericolosi li porteranno nelle ex repubbliche sovietiche dell'Asia centrale, per arrivare nella Kabul del dopo-talebani, per poi ripartire alla volta del Pakistan, dell'India e poi dell'est asiatico.

Questo viaggio del mondo in non si sa quanti giorni è una sorta di commiato di Pepe Carvalho dal mondo e dalla vita, ed è un ritratto di un mondo all'inizio del nuovo millennio, non tanto diverso da quello precedente: fra le bellezze artistiche e naturali (ed enogastronomiche: Montalbàn mette insieme un'ottima guida di viaggio per chi volesse seguire le orme dell'investigatore privato) si muovono le divisioni politiche, sociali, culturali del nostro mondo, diviso fra nord e sud. Oltre che per il piacere della lettura si tratta di un romanzo che ha anche un certo spessore sociologico, e Montalbàn non si nasconde mai nel dare i suoi giudizi, pur dietro l'apparente cinismo di Carvalho.

giovedì 25 maggio 2006

Emozioni e brividi in bici

Si possono avere i brividi se si guarda la tv? Brividi di emozione e nostalgia, si intende. Sì, se si rivedono le immagini delle imprese di Marco Pantani.

In questi giorni di Giro d'Italia l'antica passione viene fuori, spumeggia, erutta come un vulcano, e allora c'è voglia di riprendere la bici, rimettersi in condizioni decenti e ritornare a pedalare, pedalare per pedalare, senza altro scopo. Perché non si fa tanta fatica (anche ad andare piano si fa fatica in bici quando è tanto che non la prendi e non hai nelle gambe nemmeno quella cinquantina di chilometri che una volta facevi solo per sgranchirti). Non è un caso che a forza di vedere il Giro, la festa di maggio, come ogni anno si moltiplica la voglia di mettersi in sella. E così se il mondo del ciclismo e non (soprattutto "e non") scopre la grandezza di un campione come Ivan Basso, io mi metto mi metto a pedalare, e se nessuno lo saprà mai e mai si metterà sul bordo di una strada a tifare per me non conta perché il tifo ce l'ho nella testa, che scandisce il passo pedalata dopo pedalata, e se vai piano non importa, la fatica è la stessa, la gioia pure, e, credetemi, difficilmente mi sento così completo e realizzato come in bici: per qualche ora ci si può estraniare e pensare solo alla strada, al colpo di pedale da tenere, al rapporto, e concentrarsi sui muscoli, sulla respirazione e sulla posizione da tenere in sella.

Ecco, queste righe per far capire l'amore per la bicicletta, che trascende le imprese dei campioni. E così con grande piacere stamattina e giovedì scorso ho visto le due puntate del bel documentario de "La storia siamo noi" di Minoli dedicate alla storia del Giro d'Italia, "La festa di maggio" (i volenterosi potrebbero/dovrebbero trovarle sul sito della trasmissione che, se non raccontano cazzate, contiene un archivio on-line di tutte le puntate). E così, la nascita del Giro, Luigi Ganna, il primo vincitore, i primi campioni e campionissimi, Girardengo, Guerra, Binda, poi Bartali, Coppi e la loro immensa rivalità, fino all'era moderna (era moderna trattata en passant, ma forse è giusto così visto che è stato il ciclismo eroico a fare la leggenda) con Merckx, Gimondi, Saronni, Moser, Bugno (chi mi conosce sa che il grande Gianni Bugno è stato il mio idolo da bambino e tuttora quando lo rivedo mi commuovo) e Marco Pantani, il Pirata, il Panta, chiamatelo come volete, l'unico ciclista moderno che ha saputo far rivivere la leggenda del ciclismo antico con le sue imprese straordinarie e la sua storia di uomo travagliato e con una interiorità difficile da decifrare, eroe e antieroe allo stesso tempo.

Quando il 14 febbraio 2004 morì il Panta, piansi, e dico sul serio, perché se ne andava un uomo che ha dato emozioni alla gente, e le sue imprese me le ricordo, ce le ho stampate in testa, con la telecronaca di Adriano De Zan: due vittorie all'Alpe d'Huez, la tappa dell'Aprica al Giro del 94 dove sul Mortirolo staccò tutti, anche Indurain e Berzin (e sul Mortirolo è stato posto un monumento in ricordo del Pirata: sabato il Giro vi passerà davanti e renderà omaggio al Mito), la tappa di Les Deux Alpes del Tour del 98, quando sul Galibier, in mezzo ad una pioggia fittissima staccò tutti, diede 9 minuti ad Ullrich e conquisto il Tour de France. Ecco, capito perché mi sono emozionato? Come farei a non emozionarmi per un uomo che diceva di spingere più forte che poteva in salita per finire prima l'agonia?


A vedere una bicicletta ci si emoziona perché come dice Fiorenzo Magni nel documentario che vi ho detto il ciclismo è il mondo e il mondo è il ciclismo: finché ci sarà il mondo ci sarà il ciclismo e viceversa, perché, sempre come dice Magni, i bambini con cosa giocano? Con una palla e con un triciclo.

Buon Giro a tutti, vado in bici!

martedì 2 maggio 2006

Un pozzo nero per Alfredino e per l'Italia

Vediamo un po', torno a consigliare un buon libro a chi passerà di quà. Si tratta di Dies Irae di Giuseppe Genna, uscito poco tempo fa. Intanto, premetto, non avevo letto mai niente di Genna e sono rimasto davvero impressionato dalla qualità della sua scrittura prima di tutto: ricca sia stilisticamente, linguisticamente e lessicalmente, con ogni parola pesata e messa al posto giusto.

Questo Dies Irae è un romanzo difficile da classificare perché è tanti romanzi insieme, e tanti generi insieme: è una serie di storie intrecciate alla Storia della nostra povera Italia, seguendo un po', anche stilisticamente, la grande letteratura post-moderna americana, DeLillo e Pynchon citati più volte nel libro, soprattutto il primo. E a un bellissimo libro di DeLillo di cui ho ampiamente parlato, Underworld (che modestamente considero uno dei romanzi più importanti della letteratura contemporanea), si rifà il romanzo di Genna: un Underworld italiano, come poi è ammesso esplicitamente dallo stesso autore.

La vicenda copre 25 anni, dal 1981 all'inizio del 2006 . Il 1981 è un anno chiave, non solo nel romanzo: è l'anno della scoperta della P2 e della morte di Alfredino Rampi, il bimbo caduto in un pozzo di Vermicino e la cui sorte è stata seguita per 18 ore dall'intero paese in diretta tv. La morte di Alfredino è il prologo del libro (pagine scritte benissimo: leggendo queste prime pagine mi sono convinto a prendere il libro di Genna) ma anche di questi 25 anni: quell'episodio, al di là del romanzo, è stato davvero uno spartiacque, banalmente perché quella lunga diretta tv ha cambiato la nostra percezione del mondo, i linguaggi televisivi e con essi la nostra cultura (e non è una scoperta di Genna, è abbastanza condiviso questo punto). Perché accostare P2 e Alfredino? Perché Genna, noto per essere uno scrittore di thriller (come si definisce lui nel romanzo, un po' spregiativamente) inizia il romanzo con un grande complotto, che inizia da lì e con un effetto domino corre per tutti gli anni 80 e 90: Craxi, la cultura televisiva e dello spettacolo, la politica dei venditori e i venditori della politica, la fortuna economica e televisiva di Berlusconi, Berlusconi in politica (un altro tassello che si incastra: la tessera 1816 della Loggia di Gelli che diventa Presidente del Consiglio), Moana Pozzi che scopre del materiale compromettente, il crollo del muro di Berlino, Tangentopoli.

Tutto ciò fa da sfondo, o forse è il contrario, alle vicende di Giuseppe Genna (in una vicenda che in parte è sicuramente autobiografica e in parte, credo, sarà di fiction: resta vero però che Genna ha lavorato a Montecitorio sui faldoni della Commissione di inchiesta sulla P2 ed è entrato in contatto con i Servizi), di Paola C. e di Monica B., vicende che attraversano, appunto, questi 25 anni. Giuseppe, Paola e Monica vivono vicende separate ma in qualche modo collegate, e si incontreranno, all'inizio del romanzo e alla fine di questo venticinquennio. Genna, Monica e Paola hanno in comune un pozzo nero in cui affondano i propri drammi esistenziali, più o meno gravi, che rivelano tre mondi diversi, tre modi diversi di guardare il mondo: essere tirati fuori dal posso nero è difficile, forse impossibile ma ci si può riuscire affrontando e scoprendo le paure più profonde. Sarebbe superfluo entrare nel dettaglio delle vite dei tre personaggi principali: scopritele, ne vale sul serio la pena.

Mi soffermo un attimo sulla vicenda di Giuseppe Genna, almeno il Giuseppe Genna del romanzo; Genna si descrive e si racconta, e racconta la sua ossessione per la scrittura di un enorme e praticamente infinito romanzo di fantascienza, Dies Irae, appunto, che racconta dell'evoluzione della specie umana ma che è soprattutto metafora di questo nostro mondo, in cui al centro c'è sempre il pozzo nero di Alfredino (altra ossessione dello scrittore); Genna racconta di una vicenda medianica, lui che registra le voci dei morti (sarà fiction, sarà realtà? E' matto del tutto?); Genna racconta, adulto, del suo lavoro a Montecitorio e del suo essere uno scrittore: queste pagine sono per me interessanti sul serio perché Genna descrive il suo desiderio di realizzare opere diverse dai thriller di successo e parla allora della letteratura, del ruolo dello scrittore.
Insomma tante cose questo Dies Irae: una lettura piena di contenuti e di significati, una lettura non semplicissima, vista la vastità dei temi trattati, il procedere a salti del romanzo (salti non solo narrativi ma a volte anche stilistici) e la scrittura bella ma complessa. Un libro, però, che lascia qualcosa dentro e, pasolinianamente, rivela molto (pur nella fiction), perché lo scrittore sa le cose, perché collega i fatti.

domenica 23 aprile 2006

Informazioni di servizio

Per chi può vantare una comune conoscenza "blogghistica" con Il militante, sappia che il desaparecido è vivo e vegeto, l'ho potuto toccare con mano! Ce l'ho avuto davanti e ci ho parlato, esiste per davvero, non è solo un nickname: di passaggio a Roma l'ho incontrato ieri per 10 minuti, peccato non per più tempo ma, sigh, ero al lavoro.


 

domenica 9 aprile 2006

Aprile

Inutile ricordare che oggi si vota, lo sapete tutti e anche come, almeno chi non ha già deciso di restare a casa. Io, da parte mia ho già votato, prestissimo.

Che succederà? Non lo so, spero che vada con un cambio radicale rispetto agli ultimi 5 anni, come noto e come mai nascosto su Immaginaria. Si cambierà? Incrociamo le dita, i sondaggi non contano più, potrebbe succedere di tutto se, come sostengono i berluscones, con un'alta affluenza alle urne il risultato è da decidere (e se invece un'alta affluenza alle urne fosse indice di un sacco di gente che dopo una legislatura come questa ha deciso che una volta tanto voterà, e non per chi ha governato?).
I sondaggi (e le elezioni degli ultimi 4 anni, non lo dimentichiamo) danno un responso netto, in attesa di vedere come finisce al Senato. Ma le urne? Che responso daranno?

Queste elezioni sono importanti più di altre (si sarà detto per quante tornate elettorali?) perché volenti o nolenti non si può riconoscere che mai il paese in epoca recente è stato tanto diviso e spaccato (dal punto di vista del consenso politico, per fortuna). Sembra quasi che ci siano due Italie con valori profondi diversi, che è poi il senso del film di Moretti, su cui si è discusso. Possibile, mi chiedo io come tanti, che quello che a me pare lampante altri non lo vedano? Questa campagna elettorale ha sottolineato le differenze: spesso uno dei vizi italici è qualinquismo, diffuso nel linguaggio di tutti i giorni, nelle parole della gente, che dice che tanto chiunque governi non cambia nulla; stavolta, con questa campagna così urlata e mediatizzata (televisivizzata) le differenze sono diventate lampanti, evidenti a chiunque le voglia vedere: se vince l'una o l'altra parte cambia molto, e gli altri si chiederanno ma come è possibile che metà del mio paese veda una realtà diversa dalla mia?

Nella sua "Amaca" di stamattina Michele Serra si chiede se dopo che saranno stati contati i voti non ci sarà parte del paese che si sentirà straniera in patria, anzi lo se lo chiede forse sarà così. E' questo uno dei guasti del berlusconismo, l'aver polarizzato così tanto il consenso politico e l'aver estremizzato la contesa (spingendo ancora di più l'acceleratore sul piano ideologico, urlando al complotto dei comunisti, che sarebbero pronti a realizzare brogli elettorali: e lui, acclamato a Napoli al grido di "Duce, duce!" dovrebbe difenderci?) in modo così eccessivo. O forse, pensando all'oggi, è un bene: ripeto, possibile ci sia chi non veda?

Chiudo questo mio modesto contributo al dibattito, che leggerete in un numero leggermente inferiore, agli editoriali che trovate oggi sui giornali, tipo quello di Eugenio Scalfari su Repubblica, bello davvero, leggetelo. E chiudo con le parole di Scalfari:

"Siamo stati e siamo per l'eguaglianza nella libertà, per il mercato che dia a tutti pari punti di partenza, per sostegno dei deboli e l'inclusione degli esclusi, per l'innovazione, per la crescita, per l'Europa, per lo stato di diritto. Insomma per la democrazia nelle forme e nella sostanza.
Questi sono gli ideali positivi per i quali ci siamo battuti. Quelli negativi sono il loro esatto contrrio: l'autoritarismo, il populismo, la demagogia, l'egoismo, l'interesse proprio contrapposto a quello comune, l'autarchi e il protezionismo economico, la menzogna politica, la corruzione, l'insicurezza, la pigrizia intellettuale, il conformismo.
Non sono parole vuote. Ad ognuna di esse corrisponde una visione del bene comune e del paese che vorremmo".

mercoledì 5 aprile 2006

Io sono un coglione!

"Ho troppa stima dell'intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare contro i propri interessi".


Silvio Berlusconi


Ecco, pure io ho troppa stima di me stesso per votare per contro i miei interessi.




 


martedì 4 aprile 2006

Il mio appello finale

Ieri sera avrete visto, forse, se non avevate niente da fare, il faccia a faccia fra Prodi e Berlusconi. Una sorta di finale di Champions League della politica italiana, ridotta all'attesa del confronto come se da questo dipendesse tutto. Per qualcuno probabilmente era così, e infatti si è presentato più in forma che nell'altro: Berlusconi, of course.

Il Caimano si è presentato in una veste più brillante, spigliata, battagliero, dopo i rimproveri che gli erano stati fatti, soprattutto perché aveva bucato completamente l'appello finale. Ieri Berlusconi si è messo in posa, ha guardato in macchina, ha sorriso, ha recitato la poesia imparata a memoria, da bravo scolaretto, e l'ha sparata grossa, quasi la più grossa di tutte, al livello del famoso milione di posti di lavoro, delle pensioni minime ad un milione di lire, che ancora aspettano (e pensata all'altra burla delle pensioni minime a 800 euro promessa stavolta), o del drastico taglio delle tasse, che non c'è stato. La cancellazione dell'ICI sulla prima casa farà vincere al Caimano le elezioni? Sarà la mossa a sorpresa vincente? Intanto qualcuno dovrebbe spiegare come poi si intende finanziare i comuni, che si reggono solo sull'imposta sulla casa, dopo i tagli continui fatti in questi anni; e per finanziare i comuni si tratta di trovare soldi, e trovare soldi significa tassare da qualche parte. Quindi, non vi aspettate che la taglierà, al massimo, se ne potessimo avere la controprova visto che sapete che spero (credo) chi governerà, la taglierebbe per i redditi più bassi, per alcune fasce sociali, e poi dirà che l'ha tolta a tutti, come per le pensioni aumentate solo a pochi pensionati.

E Prodi? Prodi ha fatto Prodi, lo conoscevamo già, e anche Berlusconi a dire il vero, infatti ne parlo solo in merito a questa sparata. Anzi, mi preme far notare una cosa: Berlusconi è forse l'unico in Italia che parla di classe operaia, e che sventola come un pericolo la sinistra al governo che redistribuirà la ricchezza alla classe operaia: il Caimano ha detto, più o meno con queste parole, che la sinistra non conosce il merito, vuole redistribuire la ricchezza per far sì che il figlio del professionista sia come il figlio dell'operaio: allora, i meriti li conosciamo anche noi, "comunisti", ma mi deve spiegare che merito ha il figlio del professionista se non l'atto sessuale con cui è stato concepito dal suddetto professionista, e se non sia giusto assicurare condizioni dignitose, magari permettendogli di studiare senza sacrifici immani della sua famiglia, anche al figlio dell'operaio. Ecco, sappiate che se governerà la destra agli "operai" (ed è ovvio che in questa espressione Berlusconi intende qualsiasi lavoratore dipendente, visto che dell'altra parte Berlusconi ha messo imprenditori e professionisti) non verrà niente, anzi, vi verrà tolto qualcosa probabilmente. Ecco, parla il figlio di un operaio che si è sentito pesantemente offeso ed insultato, come se nel mio tentativo di assicurarmi un futuro migliore avessi fatto qualcosa di sbagliato perché non me ne sono stato al mio posto, invece di studiare, e non sono andato a lavorare subito.

Ecco l'idea di società di Berlusconi, se non l'avete ancora capito: una società in cui le differenze sociali non vanno colmate, in cui la mobilità sociale (che per ragioni svariate, fra cui la precarietà del lavoro e la cattiva situazione economica, è in questo momento all'in giù) non va favorita, al contrario delle posizioni acquisite e di rendita; al massimo per chi sta peggio un po' di paternalistica attenzione con qualche spicciolo ogni tanto. Ecco cosa si mangiano i caimani, la speranza di un futuro migliore per chi ha fatto e farà sacrifici.

Chiudo parlando di questi confronti tv. Intanto credo che quello di ieri sera (così ci togliamo il dente del risultato) sia finito in pareggio: Berlusconi ha assestato un punto vincente con l'ICI (perché purtroppo potrebbe fare presa davvero su qualcuno, anche se credo che ormai a certe panzane la maggioranza non crede più) ma ha passato più tempo a parlare della coalizione di centrosinistra e dei suoi problemi che a rispondere alle domande e soprattutto a illustrare cosa intende fare; Prodi secondo me ha segnato invece un punto a suo favore quando parlando del cuneo fiscale ha spiegato con un esempio concreto che un eventuale taglio (dico eventuale perché anche qui bisognerà davvero capire quali risorse saranno disponibili: il taglio ci sarà, ma come ancora va chiarito; ricordatevi però che un taglio dell'ICI costerebbe a occhio molto di più) favorirebbe anche gli stipendi dei lavoratori dipendenti, oltre che le imprese.

Ma alla fine questi match avranno deciso le elezioni? No, non credo. Ci sono stati 5 anni per farsi un'opinione: chi vota a sinistra certo non si farà abbindolare dall'ennesimo sogno, così come chi, avendo votato a destra in passato, è già stato deluso ; chi vota a destra certo non è stato convinto da Prodi. E gli indecisi, per cui si sono fatti questi confronti? Gli indecisi, se non si sono fatti un'opinione in 5 anni certo non se la sono fatta ieri sera, visto che, poco informati, probabilmente di alcune questioni avranno capito poco (e a loro si rivolge il taglio dell'ICI, promessa che va dritto alla pancia della gente, come se risolvesse i problemi della ripresa economica). Alla fine la maggioranza degli indecisi non voterà e quelli che lo faranno credo che si distribuiranno più o meno equamente. Spero.

Finita l'indigestione mediatica (ormai questi ultimi giorni vedranno ancora qualche dibattito ma il grosso è fatto) tocca al porta a porta (non Porta a Porta): portate a votare più gente che potete, perché un'altra legislatura come quella trascorsa non ce la possiamo permettere. Magari il centrosinistra non sarà la coalizione migliore del mondo e non esprimerà i leader migliori ma dall'altra parte avete visto che c'è? Ormai dovreste essere vaccinati, come auspicava uno che di sinistra non era davvero ma la vedeva lunga.

venerdì 31 marzo 2006

A me, Il caimano è piaciuto

Del film di Moretti si è detto tanto, quindi non che dica qualcosa anche io non serve. Però, "Il caimano" mi è piaciuto. Un buon film tutto sommato, e sottolineo un buon film, al di là del contenuto politico.

Moretti racconta la storia della realizzazione di un film nel film ("Il caimano" appunto); racconta le vicende personali del produttore di film come "Mocassini assassini", "Maciste contro Freud" o "Cataratte", Bruno Bonomo (un grandissimo Silvio Orlando, eccezionale), in lenta e dolorosa separazione dalla moglie (anche qui bisogna menzionare Margherita Buy, ottima), e della giovane regista (Jasmine Trinca) autrice del film sul Caimano; infine, naturalmente, racconta la vicenda del Caimano (che assume quattro volti diversi, di cui uno è quello originale, al Parlamento Europeo) che si è mangiato l'Italia pezzo a pezzo.

Ok, tutte cose che già sapete, appunto; però sottolineo come "Il caimano" si regga soprattutto su un'ottima regia ed una sceneggiatura ben costruita e senza sbavature, e che rispetto ad altri film di Moretti si lascia seguire senza problemi. Alcune battute poi sono memorabili, davvero. Per non dire poi che le battute tratte dal Caimano originale sono le più belle: nessun sceneggiatore avrebbe saputo scrivere dialoghi che colpiscono così: per capire Berlusconi basta riprendere le sue dichiarazioni o ascoltarlo dalla sua viva voce, e ti chiedi come è possibile che metà del paese non veda quello che a te pare lampante.

Alla fine il film di Moretti, lascia un senso di desolazione, perché non si può non guardare con tristezza a quest'Italia in cui, come dice uno dei personaggi, si parla solo di televisione e di Berlusconi. Un'Italia che, volenti o nolenti, ha visto le sue vicende dominate da questo personaggio, che è solo nostro, nessuno ne può vantare uno così (che bello!); e su un personaggio così importante, qualsiasi cosa se ne pensi, solo Moretti ha avuto il coraggio di farci un film (se non si considera il documentario "Quando c'era Silvio" di cui ho parlato tempo fa).

Quanto alle polemiche politiche, sono inutili: un film così lo vede un pubblico definito, diciamo di "sinistra" o come vi pare, non sposterà un voto. E' solo, "solo", un film: a futura memoria, sperando che un giorno avremo metabolizzato l'era del Caimano, e si possa guardare oltre.