Moebius

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giovedì 24 febbraio 2005

Alice

[questa è la seconda parte del racconto che ho iniziato a pubblicare qualche tempo fa, e che ho ripubblicato subito qui sotto. Non cercate grande coerenza narrativa, scrivo di getto, senza sapere ancora bene come andrà a finire. Diciamo che quello che sto pubblicando qui nel blog è soprattutto un esperimento]

«Sei solo qua dentro, lo vuoi capire o no?».
«Non è vero. Ho sentito delle voci. C’è gente che come me urla che vuole essere liberata».
«Di tanti scemi che potevamo prendere proprio te hanno scelto. Hai il cervello marcio ormai. Mi chiedo se sarai capace di fare il tuo lavoro».
«Lavoro? Che lavoro?».
«Questo lo saprai a tempo debito. Per il momento sono venuto a dirti di stare buono perché non c’è nessuno che può sentirti, solo io e miei amici. E non ti preoccupare che laggiù nella Città nessuno ti sta cercando».
«Laggiù? Vuol dire che siamo in superficie? SIAMO IN SUPERFICIE?».
«Ahahaha… credi quello che vuoi, tanto per te è la stessa cosa».
 
Ho visto Alice, ma non era come nel paese delle meraviglie. Non si tratta di una bambina bionda con gli occhi azzurri curiosa come poche e che si tuffa in un tronco all’inseguimento di un coniglio bianco. La mia Alice è un uomo, come vi ho già detto.
L’ho incontrato cinque giorni fa. Sono sicuro sui giorni perché me lo hanno detto loro quanti giorni sono passati da quando mi hanno portato in questo buco pieno di sporcizia, freddo e senza un cazzo da mangiare. Tra l’altro non so nemmeno perché vi racconto queste cose, tanto lo so che non ci siete, nella stanza accanto, me lo ha detto quel mezzo matto di Alice.
È un tipo strano, freddo. Lo senti da lontano che è un pezzo di ghiaccio, fa venire i brividi. In suoi tratti sono quasi asiatici, con gli occhi leggermente a mandorla, occhi di serpente neri e profondi, ma vuoti come due pozzi, e la carnagione olivastra. Il tipico figlio del melting pot del XXI secolo. Ha il sorriso come una tagliola, e chissà quanta gente ha intrappolato facendola andare fuori di testa. Perché ha la capacità di non far capire più niente, di farti dubitare di tutto. Di farti diventare il più grosso scemo che sia mai esistito. Chissà quanti cappellai ha incontrato quell’uomo per diventare così; quanti bianconigli e quanti stregatti; e soprattutto quanti bruchi oppiomani in cima a un fungo. Mi sa che quel Lewis Carrol doveva essere fumato come pochi quando ha scritto Alice: altro che prete che ha scritto un libro per una bambina figlia di amici, quello ha proprio scritto delle sue allucinazioni dovute all’oppio. Me la immagino la scena: lui appoggiato a un albero, che fuma oppio e che vede passare un morbido coniglietto bianco. Solo che questo coniglio del cazzo inizia a parlare. A voi che effetto avrebbe fatto una tale visione? Non ci avreste scritto un libro?
 
Ma a chi lo chiedo? Lo so che sono solo. Sono qui e parlo solo con me stesso ed è questo il motivo per cui sono cinque giorni che parlo, parlo, parlo e ancora parlo ma nessuno mi risponde. Apro la bocca e faccio uscire tutto quello che mi passa per la testa, così so che sono ancora vivo, forse. La cosa buffa è che scopro che riesco solo a pensare a un mare di stronzate.
Me lo ha detto Alice che penso solo ad un mare di stronzate. Sono stronzate perché mi ha detto che tornerò in Città, a fare il mio lavoro, e niente sarà cambiato per me. E non devo preoccuparmi di niente. Che nessuno mi farà del male. E allora per quale motivo mi tenete legato a una sedia e non mi fate mangiare?
 
«Perché sei troppo importante per noi», la risposta di quella copia mal riuscita della bambina con dai capelli biondi.
«Importante? Ma sono solo un impiegato comunale! Sto tutto il giorno davanti ad un computer a sbrigare pratiche. Avete sbagliato persona, brutte teste di cazzo».
«Modera il linguaggio. Potrei mandare uno dei miei amici per calmarti. Quello di cui ti occupi è molto importante per noi».
«E voi chi sareste?».
«…».
«Che fai, non rispondi ora? Già hai finito il tuo spettacolo?».
 
Ed ero solo incredibile ma vero, in quel preciso istante, ero solo. Alice è scomparso nell’aria: niente fumo o roba del genere ma semplicemente non avevo più davanti agli occhi la sua immagine. Come se non ci fosse mai stato. Ho assistito ad una pura illusione.
© Stefano/PhilipDick

14 commenti:

  1. Bella! Il primo a commentare! Ben scritto Ste. Ma chi l'ha detto che gli impiegati comunali non sono importanti! ;-)

    Il militante

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  2. Bella! Il primo a commentare! Ben scritto Ste. Ma chi l'ha detto che gli impiegati comunali non sono importanti! ;-)

    Il militante

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  3. Solo quelli bravi come me però... ;-)

    Il militante

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  4. Solo quelli bravi come me però... ;-)

    Il militante

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  5. Ma accidenti.. vena da scrittore...
    PhilipDick,
    allora in bocca al lupo!!!

    zoe

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  6. Ma accidenti.. vena da scrittore...
    PhilipDick,
    allora in bocca al lupo!!!

    zoe

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  7. continua che mi interessa il seguito..ciao ste..ade

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  8. Eccomi! Porca molfetta pensavo di essere in ritardo, e infatti come sempre lo sono! ^_*
    Cmq sarò banale ma è davvero bello 'sto racconto, più va avanti e più sono convinta che potresti davvero avere un futuro come scrittore! Accipicchia!
    Ti voglio bene!

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  9. Eccomi! Porca molfetta pensavo di essere in ritardo, e infatti come sempre lo sono! ^_*
    Cmq sarò banale ma è davvero bello 'sto racconto, più va avanti e più sono convinta che potresti davvero avere un futuro come scrittore! Accipicchia!
    Ti voglio bene!

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  10. Chi credi che mi giudichi ancora la loro bambina? Che fastidio quando mi trattanto come una ragazzina di 12 anni!!!
    Ti voglio beeeeeeeneeeeee!

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  11. Chi credi che mi giudichi ancora la loro bambina? Che fastidio quando mi trattanto come una ragazzina di 12 anni!!!
    Ti voglio beeeeeeeneeeeee!

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  12. volevo farti un salutone....
    ah, l'altro giorno ero in libreria e ho visto un libro con su sopra scritto Philip dick

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  13. volevo farti un salutone....
    ah, l'altro giorno ero in libreria e ho visto un libro con su sopra scritto Philip dick

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