Moebius

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mercoledì 18 febbraio 2015

Non di sole piume vive l'uomo (e il cinema)

Andiamo subito diretti. Birdman (o l'imprevedibile virtù dell'ignoranza) è, a modesto e contestabilissimo avviso di chi scrive, un gran bel film.

Ora vediamo perché.

Due grandissimi attori, entrambi potenzialmente da Oscar
La trama la trovate un po' ovunque in giro (vi consiglio magari la guida del Post senza troppi spoiler) così come recensioni. In estrema sintesi è la storia di Riggan Thomson (Micheal Keaton, bravissimo), un attore famoso  per aver interpretato in tre film il supereroe Birdman, arrivato a fine carriera senza soldi e senza riconoscimenti e che cerca di ricostruirsi un'immagine mettendo in scena (autore, regista e attore protagonista) una pièce tratta da Di cosa parliamo quando parliamo d'amore di Raymond Carver. Qui si intrecciano varie storie legate agli altri personaggi: la figlia ex tossicodipendente (Emma Stone), la ex moglie e l'attuale compagna (co-protoganista femminile dello spettacolo); l'altra attrice femminile (Naomi Watts) e l'esuberante e talentuoso fidanzato, ingaggiato all'toultimo momento come coprotagonista (Edward Norton, torna a livelli altissimi come non capitava non so più da quanti anni dopo tanti film e parti di poco conto).

Quindi è la storia di una messa in scena teatrale dalle prove fino alla prima. E basta?

Beh, fondamentalmente sì ma non solo. Per districarci passiamo a un aspetto centrale del film di Inarritu: la resa filmica. La storia non può essere svincolata dalla regia e dal montaggio; le scelte di Inarritu fanno parte della narrazione stessa perché il film si basa molto sul suo impatto estetico più che sulla storia.

E' un lungo, lunghissimo piano sequenza (ottenuto con qualche trucco cinematografico di notevole fattura tecnica). La camera si muove di continuo dietro, davanti, di fianco a Micheal Keaton e agli altri attori ma non solo; l'effetto piano sequenza prosegue in strada, in cielo, nelle transizioni da giorno a notte.

Forse la scena più memorabile del film
La maggior parte del film si svolge in interni, fra i camerini, le quinte e il palco del teatro dove sarà messo in scena lo spettacolo; l'azione, apparentemente assente nella vicenda (è un film molto parlato, in cui vengono messe in scena delle relazioni), sta tutta nella camera in continuo movimento.

Torniamo alla storia. Altro personaggio del film è Birdman stesso, che viene rappresentato come l'alter ego di Riggan; tanto Riggan vuole ricostruirsi un'immagine basata sul prestigio e sul riconoscimento come attore tanto Birdman spinge per farlo tornare al cinema commerciale dei grandi incassi e della popolarità (una delle battute più efficaci, pronunciate da Edward Norton, l'attore di teatro, recita: La popolarità è la cugina zoccola del prestigio).

Anche Emma Stone è belliss... ops, bravissima
Il film è quindi giocato sul dualismo interno a Riggan e ai suoi deliri di onnipotenza (lui, in fondo è Birdman! Può spostare gli oggetti e può volare se lo vuole!) e sull'oscillazione fra realismo (il rapporto con la figlia; le idiosincrasie del personaggio di Ed Norton e la sua incapacità di essere vero anche nella vita e non soltanto sul palcoscenico) e fantastico (Riggan può davvero volare o è un parto della sua mente?).

Elementi realistici e fantastici alla fine sembrano riunirsi ma uscendo dal cinema non si potrà fare a meno di chiedersi se, come e quando. Ma il film lascia fondamentalmente irrisolte tutte le domande, sia quelle meta-cinematografiche (non mi viene in mente un'espressione migliore per quello che intendo) sia quelle proprie interne alla storia e forse questo potrà essere ciò che ad alcuni farà storcere la bocca.

Personalmente amo questo tipo di storie, frutto di una sensibilità post-moderna, in cui le cose non sono tutte lineari e chiare e richiedono di soffermarsi più sul contesto e sulle relazioni. Più che raccontare una storia, il film stesso è una storia rendendo difficile separare, nel giudizio, il contenuto dalla forma.

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