«Il World Trade Center era già in costruzione, le torri gemelle già svettanti, con le gru inclinate sulla sommità e i montacarichi che salivano lungo i fianchi. Klara lo vedeva dovunque andasse praticamente. Mangiava, beveva un bicchiere di vino e poi andava verso la balaustra o il bordo piatto e di solito la costruzione era lì, cospicua sull’estremità affusolata dell’isola, e un uomo le si avvicinò una sera, presto, a un cocktail sul tetto di un palazzo di una galleria – un uomo sui sessanta, pensò Klara, corpulento e mascelluto ma con una sua eleganza, sicuro di sé, riservato e distinto, un solido esemplare di europeo.
-Io lo vedo come una cosa sola, non due, - disse Klara, - Anche se chiaramente le torri sono due. È una singola entità, non è vero?
-È una cos terribilissima ma non si può fare a meno di guardarla, credo.
-Sì, non si può farne a meno»
Don DeLillo – Underworld (1997)
«-Parlami di New York, - disse lui. - Ormai non ci vado più. Quando penso alle città dove ho vissuto, vedo degli enormi quadri cubisti.
-Ti dirò quello che vedo io.
-Quell’angolosità, quella densità, le vecchie sfumature brunastre e il modo in cui le città invecchiano e si macchiano nella mente come mura romane.
-Vedi, dove abito io, c’è un caos di tetti, un guazzabuglio, quattro, cinque, sei, sette piani, ed è un alternarsi di cisterne d’acqua, corde del bucato, antenne, abbaini, comignoli, tutto ciò che è umano nella parte bassa dell’isola, piccoli giardini rannicchiati, sculture, insegne dipinte. E io apro gli occhi su queste cose, le amo, per me contano. Ma tutto questo lo spazzano via per poter costruire le loro torri.
-Vedrai che anche le torri finiranno per sembrare umane e locali e caratteristiche. Basta che gliene lasci il tempo.
-Adesso mi metto a picchiare la testa contro il muro, dimmelo tu quando smettere.
-Poi non saprai cosa ti ha fatto impazzire.
-Ho già il World Trade Center.
-Ed è già innocuo e senza età. Con un’aria dimenticata. E pensa quanto potrebbe essere peggio.
-Cosa? - fece lei.
-Se ci fosse una torre invece di due.
-Vuoi dire che interagiscono. Che c’è un gioco di luce.
-Ma non credi che sarebbe molto peggio una torre sola?
-No perché io protesto solo in parte per la dimensione. La dimensione è micidiale. Ma averne due è come un commento, è come un dialogo, solo che non so cosa si dicono.
-Si dicono “buona giornata”.»
Don DeLillo – Mao II (1991)
Bello questo post.
RispondiEliminaTi prometto che il prossimo libro che leggerò sarà uno consigliato da te. OK?
Baci...
Io non ti prometto niente. In questo periodo leggo solo saggi per la tesi e la lista dei libri da leggere è sempre più lunga... :-(
RispondiEliminaIl militante
prima o poi ci provo a buttarmi su Don DeLillo, per ora ho già Philip Roth che mi fa da guida agli scrittori americani...
RispondiEliminaè tanto che voglio leggere Don DeLillo,
RispondiEliminaPhilipDick,
chissà.. sembra che non sempre si sia sullo stesso binario...
Tutta la stua stima??? Fantastico!
L'animale è tuo!
Nulla c'entra con il post ma, vista la tua passione per Dick, che in parte condivido, sai nulla del rapporto che aveva con i Ching (a parte i racconti ad essi dedicati) ?
RispondiElimina:D
RispondiEliminahahaha! il militante mi fa troppo ridere! :D
(anche perché devi sapere che in ogni e-mail che gli scrivo, gli consiglio sempre almeno un paio di saggi che deve assolutamente leggere...;)))
un bacio! :)
salenegliocchi: anch'io voglio saperla questa cosa di dick e gli i ching! pliiiis! :)
RispondiEliminagrazie!
RispondiEliminaHo voglia di "pelle" non di "cervello"...
come arriverà l'albatros? Non lo so,lo farò decidere a lui, vero che mi sembra sempre più pigro.. temo quindi per posta o piccione viaggiatore.