In questa stagione cinematografica non ho visto moltissimi film, né al cinema né in home video, e non ho trovato niente che mi abbia davvero entusiasmato e che sicuramente ricorderò nei prossimi anni, tranne forse Drive (ovviamente per mia mancanza, di bei film ne escono sempre ma ogni tanto me ne perdo qualcuno). Fra i film che ho visto, però, uno che ho apprezzato davvero tanto è The Artist, pluricandidato all’Oscar (vedremo se porterà a casa qualche statuetta).
Non la faccio tanto lunga sul perché mi sia piaciuto: ne ho apprezzato sia il soggetto e la sceneggiatura (amo sempre i film che parlano di cinema) che gli aspetti più tecnici e cinematografici. Gli attori, poi, li ho trovati bravissimi.
Accenno qui a questo, secondo me, bel film per riprendere l’articolo di Francesco Piccolo uscito domenica sul Corriere, La sinistra è come mia zia. Partendo proprio dall’analisi di The Artist, Piccolo sostiene che questa pellicola riscuota successo in alcuni settori intellettuali perché affine allo spirito di cerca sinistra definita sempre “reazionaria”, “passatista”, che non guarda al futuro, ecc.
In The Artist, film muto che racconta la storia di un divo, appunto, del muto che cade in disgrazia col sonoro (tema non nuovo al cinema, si veda almeno Viale del tramonto), secondo Piccolo lo spettatore si identifica empaticamente col protagonista (che, per lo scrittore, sarebbe un vecchio relitto destinato a sparire insieme al suo mondo) proprio per una sorta di effetto “quanto era bello il piccolo mondo antico” a cui, per Piccolo, quelli di sinistra sarebbero tutti legati. A esempio di ciò, Piccolo cita anche lo scrittore Jonathan Franzen (prima o poi leggerò “Le correzioni”, che mi aspetta sullo scaffale da qualche anno) che ha sostenuto che gli ebook fanno male alla cultura e alla letteratura.
Nella sostanza, mia zia ottantenne, Franzen, il ceto medio riflessivo e gli intellettuali che lo rappresentano passano tutta la vita a difendere il cibo come si faceva una volta, le piccole librerie di quartiere con l’odore dei vecchi libri, il telefono fisso. Pierluigi Bersani e Susanna Camusso difendono l’articolo 18, altri le vecchie lire, Michel Platini e Diego Maradona, gli sceneggiati in bianco e nero, la commedia all’italiana, la bicicletta, il vedo non vedo dell’erotismo contro la sfacciataggine di oggi. C’è perfino chi rimpiange la Democrazia cristiana, era meglio Andreotti, e Cirino Pomicino non era così male.
Ora, dico io. Che ci sia gente che, in generale, rimpianga il passato è un dato di fatto. Non sopporto però quando si fanno delle generalizzazioni del tutto infondate. Essere di sinistra in questo paese non vuol dire una cosa sola ma, purtroppo o per fortuna a seconda dei punti di vista, sentirsi più vicini ad una certa sensibilità piuttosto che a un’altra (non mi va di stare a parlare di sinistra riformista e radicale, di borghesi radical chic e di “classe operaia”, non è questo il punto). Io rifuggo da queste classificazioni e pecca di presunzione chi prende a pretesto un film per stabilire che da una parte ci sono gli innovatori e i riformisti (la sinistra non “reazionaria”, in cui ovviamente Piccolo si inserisce) e dall’altra una massa di conservatori.
Concludo con alcune brevissime, personali, considerazioni:
1. a me The Artist è piaciuto molto;
2. nonostante abbia apprezzato il film, pensate un po’ che strano, sono più che favorevole agli e-book e ho comprato da poco un e-reader (Piccolo mi deve spiegare perché, secondo lui, tutti quelli di sinistra dovrebbero far propria l’opinione di Franzen);
3. non vedo perché, se mi è piaciuto The Artist, come dice Piccolo dovrei, a priori, rimpiangere il passato e perché, sempre per definizione, dovrei essere uno strenuo sostenitore dell’art. 18 (che penso difenda dei diritti sacrosanti ma ritengo anche che cambiarlo non sia poi uno scandalo: qualsiasi riforma del mercato del lavoro è meglio di quello che c’è adesso, anche se qualcuno dovrà spiegarmi il nesso fra occupazione e art. 18 visto che per me non è così automatico);
4. un film è un film: può piacere indipendentemente da quello che si pensa di altre cose; posso contemporaneamente apprezzare The Artist e leggere e-book, posso amare la bicicletta (altra mia grande passione oltre ai libri e al cinema, anche se Piccolo pensa a chi la usa “politicamente”: io ci faccio sport ma è lo stesso) ma essere allo stesso tempo attento a ciò che di nuovo accade nel mondo e alle trasformazioni sociali e culturali indotte da Internet e dal Web. Perché una cosa dovrebbe escluderne un’altra?
Se qualcuno ancora non è andato al cinema, vada a vedere ‘sto film. Se ne varrà o meno la pena dipenderà dal proprio gusto personale e non dall’essere o meno “reazionari”.
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